Pensioni più "leggere" per 25mila trentini
Cedolino di giugno più leggero per circa 25.000 pensionati trentini. Scatta, infatti, da domani il conguaglio (in questo caso unico) conseguente al taglio della rivalutazione annuale degli assegni per il 2019, previsto dall’ultima legge di bilancio, per le pensioni superiori a tre volte il minimo (1.522 euro lordi al mese) e applicato a partire da aprile. Sul prossimo cedolino, quindi, viene recuperata la differenza relativa ai tre mesi precedenti, gennaio-marzo 2019.
In totale si tratta di circa 7 milioni di euro in meno in tre anni, pari a circa 300 euro per pensionato. Ma, essendo proporzionale alla pensione e toccando gli assegni almeno tre volte il minimo, le perdite sono maggiori per chi guadagna di più.
A comunicarlo è stato l’Inps in un messaggio sul suo sito, confermando da giugno anche il via al taglio sulle pensioni d’oro, anch’esso previsto dalla legge di bilancio, per i trattamenti pensionistici superiori a 100.000 euro annui.
La ragione è legata alle previsioni dell’ultima finanziaria approvata dal governo Lega e 5 Stelle che ha previsto un nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni dal 2019 e fino al 2021 compreso. Un metodo che di fatto è peggiorativo per le pensioni sopra i 1.522 euro lordi (ma gli effetti più consistenti si vedranno sugli assegni superiori ai 2.500 euro lordi al mese).
La nuova rivalutazione ha effetto da giugno (dopo le Europee fanno notare i maligni), con la richiesta di un conguaglio che dovrebbe pesare per circa 1-1,5 milioni di euro sulle tasche di circa 25.000 pensionati. Una restituzione in media di circa 40-50 euro a testa per i primi sei mesi, che nel triennio avrà l’effetto di togliere alle rivalutazioni delle pensioni trentine circa 7 milioni di euro (2,3 milioni di euro annui).
La finanziaria ha introdotto un meccanismo di rivalutazione diviso in sette fasce che riduce rispetto alla regola precedente gli aumenti garantiti alle pensioni dal recupero dell’inflazione. Con le vecchie regole, così, un assegno lordo da 3.000 euro che si è rivalutato a 3.107 euro nel 2018, avrebbe dovuto arrivare a 3.048 euro nel 2019. Con le nuove fasce introdotte dal governo gialloverde la rivalutazione si ferma a 3.034 euro con una minor crescita di 14 euro al mese, che sul triennio diventano 526 euro. E così si arriva per le pensioni superiori a 5.000 euro lorde a un taglio di 1.058 euro sul triennio.
Nel complesso tale meccanismo impatta con un certo rilievo soprattutto sui 15.000 pensionati sopra i 2.500 euro lordi al mese (sugli altri 10.000 circa sotto quella cifra e sopra i 1.522 euro i tagli sono molto ridotti). I tagli avranno quindi un effetto su 25.000 pensionati trentini che complessivamente perderanno oltre 7 milioni di euro in tre anni. La perdita media, circa 300 euro lordi, è relativamente contenuta perché contenute sono le previsioni sull’inflazione che farà scattare la rivalutazione: 1,1% nel 2019. Se l’aumento dei prezzi fosse superiore, la perdita sull’adeguamento pensionistico crescerebbe.
Il nuovo taglio alle pensioni, di fatto, si somma a quelli già varati dal 2011 al 2018. Così nel caso di un pensionato che ha un trattamento di poco superiore al primo step, di 1.568 euro lordi mensili, nel corso degli otto anni, il mancato adeguamento ha comportato una perdita pari a circa 960 euro lordi annui, secondo lo studio della Uil. Perdita che sale a 1.490 euro lordi annui, per chi ha un assegno di circa 1.960 euro lordi mensili (tra 4 e 5 volte il minimo). Fasce in cui rientra la maggioranza dei pensionati. La differenza sul cedolino aumenta con l’aumentare degli importi, fino ad arrivare ai 7.190 euro lordi annui per chi ha un assegno pari a 4.560 euro lordi mensili (oltre 9 volte il minimo).