Trento, sono tornati in azione in città i rivenditori di rilevatori di gas
Tornano in azione, nel capoluogo, i rivenditori di rilevatori di gas: nei giorni scorsi una anziana del capoluogo è stata convinta a spendere poco meno di 1.600 euro per l’installazione nella sua abitazione di alcuni apparecchi.
I familiari della donna non hanno potuto fare altro che rivolgersi alle forze dell’ordine: agli uffici di viale Verona della questura e a quelli del comando dei carabinieri di via Barbacovi sono già arrivate altre segnalazioni in proposito.
Purtroppo però - e proprio per questo è importante mettere soprattutto gli anziani sul chi va là - difficilmente le denunce potranno portare ad effetti concreti. Questo perché gli addetti delle società che operano nel settore (quella attiva in questi giorni ha sede nel Bresciano) agiscono in maniera sicuramente spregiudicata e scorretta, ma formalmente inattaccabile, proponendo rilevatori di gas metano, di monossido di carbonio e sensori antincendio a circa 400 euro l’uno.
Nessuna truffa, nessun raggiro a norma di codice penale, ma “semplice” eloquenza e capacità di convincere gli sventurati acquirenti sulla bontà di prodotti proposti a cifre superiori rispetto al reale valore.
La consapevolezza degli addetti alla vendita di potersi muovere pienamente alla luce del sole, in attesa di poter proporre alla clientela i loro prodotti, è confermata anche dall’affissione, nei pressi di condomini e abitazioni, di avvisi sull’arrivo presso le singole abitazioni di venditori incaricati dalla società.
Avvisi che, purtroppo, spesso vengono confusi soprattutto dalle persone più anziane con quelli delle società di erogazioni di servizi e che, anche nel caso venissero letti e interpretati correttamente, finiscono per convincere i possibili futuri acquirenti dell’affidabilità dei proponenti.
Tutti mezzi piuttosto spregiudicati, come detto, ma non certo illeciti: anche per questo il consiglio, anche da parte delle forze dell’ordine, è quello di non concludere mai l’acquisto in prima battuta e di rivolgersi poi alle associazioni dei consumatori, come ad esempio il Centro ricerca e tutela dei consumatori e degli utenti: «È sempre esercitabile il diritto di recesso entro i 14 giorni successivi», ricorda Carlo Biasior: «Il nostro consiglio è quello di non concludere mai il pagamento: in quel caso ottenere il rimborso è più complicato. La cosa giusta da fare è sempre dire di no, per ripensarci c’è sempre tempo».