Caso Schwazer, sulle analisi duro scontro in Tribunale: la Wada «Sono regolari»
Come in una gara di 50 chilometri sai che il traguardo, passo dopo passo, si avvicina, ma le braccia le puoi alzare solo dopo averlo tagliato. È questo lo stato d’animo di Alex Schwazer nella sua maratona giudiziaria.
In tribunale a Bolzano ieri è andata in scena un’udienza fiume con un lungo botta e risposta tra il comandante del Ris di Parma, col. Giampietro Lago, che nella sua perizia ha evidenziato forti anomalie nelle urine che hanno portato alla squalifica del marciatore dai giochi di Rio 2016, e il perito della Wada, Emiliano Giardina.
«Siamo ad un buon punto, però sicuramente non ci basta», ha detto Schwazer conversando con i cronisti a margine dell’incidente probatorio davanti al gip Walter Pelino. «A livello scientifico noi vogliamo avere la certezza totale. Ci arriveremo. Non so se oggi o se ci vorranno altri mesi», ha detto Alex, che negli ultimi giorni sembra aver rialzato la testa grazie alle conclusioni del comandante dei Ris. Le «anomalie», evidenziate da Lago e a sua volta contestate da Giardina, per il momento restano senza spiegazione. Perchè il Dna nelle urine di Schwazer evidenzia valori così elevati, ma anche differenti? Wada sostiene la regolarità delle analisi.
Durante l’udienza il legale dell’associazione mondiale antidoping ha presentato un referto che risale al 2016, mai mostrato in precedenza, che dimostrerebbe l’inclinazione a valori alti dell’altoatesino. La difesa del marciatore azzurro ha duramente contestato il documento, poichè presentato in una fase avanzata del procedimento.
«Alex e Donati meritano verità e giustizia», ha detto il legale dell’ex marciatore, avv. Gerhard Brandstaetter. «Sono state perpetrate ai danni di questi signori delle ingiustizie che hanno rilevanza penale a loro volta». L’allenatore Sandro Donati anche in questa udienza è rimasto a fianco di Alex.
«Questa vicenda - ha commentato - sarà un punto di riferimento dal quale inizierà una nuova discussione ed il sistema antidoping dovrà cambiare profondamente. Si tratta di un sistema medievale che non garantisce gli atleti». «Se si arriva alla fine - ha aggiunto - io chiederò il risarcimento. Io dirò tutto, se qualcuno non mi mette una pistola in bocca prima, spiegherò tutto». La parola fine, il traguardo della 50 chilometri, per il momento sembra ancora lontano e alcune domande forse resteranno per sempre senza risposta.