Trentino, allarme riciclaggio le mafie investono qui denunce aumentate del 64 per cento

di Giorgio Lacchin

Allarme riciclaggio: nel 2018 in Trentino ci sono state 15,2 denunce ogni 100mila abitanti, con un aumento del 64% rispetto al 2017. Questo dato ci proietta al 2° posto in Italia alle spalle della sola provincia di Firenze (22 denunce ogni 100mila abitanti) ma davanti a Foggia (13), Crotone, Modena, Barletta e Napoli. Il numero assoluto di denunce, nel 2018, in Trentino, è di 82.

Da qualche anno il Sole 24 Ore elabora l’Indice della criminalità basandosi sui dati forniti dal dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno e relativi al numero di delitti commessi e denunciati. Nella classifica generale della criminalità riferita al 2018 la provincia di Trento è 64ª con 2.952,5 denunce ogni 100mila abitanti (in calo dell’1,2% rispetto al 2017), Bolzano è 75ª con 2.871,2 (in Alto Adige il calo è stato più sensibile: -4,6% rispetto al 2017). In testa è sempre Milano con 7.017,3 denunce ogni 100mila abitanti, nonostante un calo del 2,6%. Sul (triste) podio troviamo Rimini al 2° posto (6.430,1) e Firenze al 3° (6.252,8). A Rimini le denunce sono calate del 7%, a Firenze sono invece cresciute del 9,5%.

Oltre all’indice finale, vengono fornite le graduatorie delle 106 province relative a 17 differenti tipologie di reato. «Giusto lanciare l’allarme riciclaggio in Trentino ma i dati vanno letti con attenzione», esordisce Andrea Di Nicola (foto a destra), professore associato in Criminologia alla Facoltà di Giurisprudenza di Trento e referente dell’Istituto di Scienze della sicurezza, progetto strategico dell’Università. «La propensione alla denuncia cambia da provincia a provincia», prosegue Di Nicola, «e in provincia di Trento le categorie che hanno obblighi antiriciclaggio - banche, intermediari finanziari, avvocati, notai, commercialisti - e che possono intercettare e denunciare attività di riciclaggio di denaro potrebbero essere più virtuose che da altre parti».
In Trentino abbiamo anche una Procura distrettuale antimafia. «Si è più abituati a fare indagini complesse in tema di criminalità organizzata», conferma Di Nicola. «Più capacità significa anche più emersione dei problemi. Altrove ci potrebbe essere più sommerso. D’altra parte», scuote la testa il criminologo, «se Trento è seconda, Bolzano è al 75° posto. E sono province che in qualche modo si assomigliano, come dimensioni. Come Belluno, Gorizia e Novara, che sono molto più indietro».
Questi dati potrebbero essere dunque la spia di qualcosa che sta realmente succedendo.

«Come mi è già capitato di dire, è più probabile che qui siano arrivati i soldi dei mafiosi, più che i mafiosi. Difficile che una consistente presenza mafiosa possa “invadere” fisicamente un territorio come quello trentino. Più facile siano arrivati i profitti illeciti perché il Trentino è un territorio ricco, circola molto denaro contante e le mafie potrebbero esserne attratte per fare investimenti. Mafie italiane e straniere. Penso alla mafia russa, ad esempio».
Il dato del Sole 24 Ore può essere il segnale che le varie mafie stanno investendo sempre più capitale criminale in Trentino. «In questo modo, inconsapevolmente, “importiamo” quantità sempre più grandi di capitali criminali».
Ma l’azione di riciclaggio del denaro sporco non viene compiuta soltanto dalla criminalità organizzata. Ha bisogno di essere riciclato, per essere reimmesso nel mercato, qualsiasi profitto di un’attività criminale complessa. «I soldi “guadagnati” illegalmente devo sempre riciclarli se voglio usarli nel mercato lecito. Il dato trentino potrebbe essere una spia anche di questo. Possiamo parlare di criminalità economico-finanziaria, di criminalità professionale (mettiamo il caso di un frodatore seriale su internet), di proventi derivanti da evasioni fiscali milionarie. Di traffico di droga, magari cocaina, che genera un ingente quantitativo di soldi da ripulire». E in Trentino il traffico e il consumo di droga sono un problema certamente sentito.

«Ma vorrei concludere come ho cominciato», chiude il professore Andrea Di Nicola. «Attenzione a “leggere” i numeri e le classifiche. Noi stiamo usando i dati sulle denunce, ma non tutto viene denunciato. E in alcuni posti si denuncia di più... È come se dicessimo che il numero delle denunce delle violenze sessuali sono lo specchio delle violenze sessuali “reali”. Sappiamo invece che ci può essere un’altissima “non denuncia” di certi reati e che in contesti diversi si può denunciare in modo molto diverso. Quando usiamo la denuncia come indicatore di un reato dobbiamo essere molto prudenti, tanto più per reati sommersi come il riciclaggio. Perché i numeri derivano anche dalla propensione alla denuncia e dai livelli di attenzione di chi può intercettare un fenomeno criminale».

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