Tocca l’alunna, nuovo processo per il prof di ginnastica
Tornerà davanti ai giudici il professore di educazione fisica condannato in appello per aver compiuto atti sessuali su una studentessa. L’imputato ha sempre respinto ogni addebito, sostenendo di essere lui la vittima di accuse del tutto infondate. Ora, come disposto dalla Cassazione, avrà un’altra opportunità per ribadire la propria innocenza: lo farà davanti alla Corte d’Appello di Bolzano. Anche la studentessa, all’epoca dei fatti quattordicenne, potrà nuovamente ribadire la sua versione dei fatti.
Il docente era stato assolto in primo grado, ma i giudici della Corte d’Appello di Trento - nel luglio dello scorso anno - lo condannarono a 2 anni di reclusione con la sospensione condizionale della pena, e al risarcimento (era stata riconosciuta l’attenuante del fatto lieve) di 5.000 euro alle parti civili costituite attraverso l’avvocato Andrea de Bertolini: 4.000 euro alla ragazza e 1.000 ai suoi genitori. Difeso dall’avvocato Nicola Benvenuto, il professore ha sempre respinto tutte le accuse.
I fatti risalgono all’autunno del 2014. Due gli episodi contestati. Il primo sarebbe successo durante una lezione di ginnastica, mentre la classe giocava a pallavolo. In campo c’era anche la ragazzina e secondo l’accusa l’insegnante si sarebbe avvicinato a lei per “correggere” la sua posizione e invitarla ad avanzare. Ma per farlo l’avrebbe spinta da dietro, mettendole due mani sul fondoschiena.
L’altra contestazione riguardava invece un episodio accaduto qualche settimana dopo, durante una lezione teorica: in quel caso il docente avrebbe usato la studentessa come “manichino”, facendola sdraiare sul tavolo per indicare alcuni muscoli. In entrambi i casi la ragazza aveva riferito di essersi sentita violata nella propria intimità da quel comportamento del tutto inopportuno. In appello erano stati sentiti alcuni testimoni, tra cui le ragazze della classe e la dirigente scolastica dell’epoca.
Molte studentesse avevano “ammorbidito” le loro deposizioni: inizialmente di conferma davanti ai carabinieri, poi più favorevoli all’imputato in fase di deposizione in aula (forse anche perché la vicenda era stata trattata a scuola nel corso di un incontro di classe organizzato da una docente proprio alla vigilia dell’udienza in tribunale). Alla condanna a due anni la difesa ha subito presentato ricorso anche per evitare pesanti conseguenze sul piano disciplinare, dato che in caso di giudizio definitivo il docente rischia di dire addio per sempre all’insegnamento.
L’avvocato del docente ha evidenziato come la condanna si basasse su testimonianze non riassunte in appello, ma sentite solo in primo grado. La Cassazione ha dunque annullato la sentenza di secondo grado, con rinvio alla Corte d’appello di Bolzano.