Ancora niente visite nelle RSA L'Upipa: «Ci stiamo pensando, ma sarà con paratie in plexiglass»
In tutte le comunicazioni - nazionali e locali - dedicate alla «Fase 2» negli ultimi giorni, un grande tema resta assente: la previsione di riapertura alle visite per i parenti degli anziani in RSA. Vero che il Covid ha colpito più duramente proprio fra gli anziani e in queste strutture, ma le famiglie chiedono - dopo due mesi - di poter rivedere e visitare i propri cari che di fatto sono «reclusi» nelle strutture.
In Trentino Upipa - l’Unione della case di riposo che insieme a Spes gestisce la maggior parte delle RSA - sta elaborando una ipotesi di ripartenza delle visite. Ne parla la presidente Francesca Parolari in questa intervista, alcuni giorni fa.
D’ora in poi come faranno gli ospiti delle Rsa a incontrare i familiari?
«Ci stiamo riflettendo».
Avete ancora tempo.
«Niente visite, infatti, nelle Rsa: lo dice l’ultimo decreto».
Familiari non ammessi fino al 17 maggio, almeno.
«Fin quando il decreto avrà efficacia».
Francesca Parolari è presidente dell’Unione provinciale degli istituti per l’assistenza (Upipa). In questi giorni sta incontrando i direttori delle case di riposo per organizzare la vita nelle strutture nel tempo triste della pandemia. E sarà un’altra vita, del tutto diversa, almeno per un po’. Per un bel po’.
Prima o poi, comunque, signora Parolari, familiari e amici torneranno a fare compagnia e ad assistere gli ospiti. Come funzionerà?
«Pensiamo a spazi di conversazione con protezioni».
Che tipo di protezione?
«Pareti in plexiglass».
Lei ritiene sia la soluzione migliore?
«Per me, sì».
Saranno possibili gli incontri all’aperto, nei giardini delle strutture?
«Qualsiasi forma di contatto è pericolosa. Anche all’aperto».
È un no, dunque?
«Purtroppo. Non possiamo permettere il contatto fisico, neanche all’aperto. Siamo nella condizione di non poter assumere nessun tipo di rischio: le conseguenze ricadrebbero interamente su di noi. E questo vale sia per le visite dei familiari che per l’apertura a nuovi ospiti».
A proposito: come vengono gestite le domande di ammissione di chi cerca un posto?
«La delibera di giunta prevede la creazione delle strutture di transito: la prima ad Ala (già operativa), la seconda a Dro - l’ex Rsa - che richiede più tempo per essere sistemata. Ad Ala saranno disponibili 11 posti. Ovviamente stiamo cercando strutture anche in altre zone».
Dove?
«Ne servirebbero una in Valsugana e un’altra per Trento, la Rotaliana e le valli di Fiemme, Non e Sole».
Ci parli delle strutture di transito.
«Gli ospiti vengono inviati in queste Rsa di transito dall’Uvm...».
...l’Unità valutativa multidisciplinare, che valuta le priorità d’accesso.
«L’Uvm, dicevo, invia gli ospiti in queste strutture dopo avergli fatto un primo tampone; sempre che sia risultato negativo, naturalmente. L’ospite rimane nella Rsa di transito per 15 giorni: il tempo necessario per capire se stia sviluppando o no la malattia. Verso la fine di questo periodo gli viene fatto un secondo tampone: se risulta negativo, la persona viene inserita nella Rsa normale».
Cinquecento anni fa, temendo la peste, i veneziani facevano lo stesso con i mercanti stranieri che volessero entrare in città, solo che allora la Rsa di transito era un’isoletta lì vicino e la quarantena durava, appunto, 40 giorni.
«Vede?».
Così pensate di azzerare il rischio.
«Il rischio zero non esiste, ma avremo fatto il possibile, almeno».
L’Unità valutativa multidisciplinare è tornata a raccogliere le domande di ammissione?
«Sì, dal 27 aprile».
D’ora in poi tutti quelli che fanno domanda dovranno passare dalle Rsa di transito?
«Tutti. Per forza».
Nelle Rsa ci saranno molti posti liberi, visto i mesi tremendi appena trascorsi.
«Saranno seicento... Ma dovremo tenere dei posti liberi in modo da essere in grado di gestire gli isolamenti, nell’eventualità che scoppiassero delle positività. Questa spada di Damocle penderà sul nostro capo finché non si trovi un vaccino».
I posti liberi reali, allora, quanti sono?
«Circa cinquecento».
Quant’è lunga la lista d’attesa?
«Prima della pandemia era di 800 persone; ora saranno di più».
Adesso, per arrivare a occupare tutti i posti nelle Rsa di approdo - chiamiamole così - il processo sarà più lungo.
«Per via del percorso di transito. Certo».
Ecco perché cercate più strutture di transito.
«Per rispondere alla domanda delle famiglie trentine, in quelle nuove strutture servirebbero 60 o 70 posti».
Così riuscireste ad assegnare celermente i 500 posti liberi nelle Rsa.
«Infatti».