Scuole aperte il 14 settembre in Trentino il problema trasporti «Con queste norme, impossibile»
La sabbia nella clessidra che segna il tempo da qui all’apertura delle scuole, il 14 settembre, continua a scendere. Ma non c’è ancora alcuna certezza in materia di trasporto pubblico. Qualche punto fermo era atteso l’altroieri, dalla riunione con il Comitato tecnico scientifico (Cts) che supporta il governo nell’adozione delle misure di prevenzione e difesa da Covid-19, coordinato da Agostino Miozzo. Ma, ancora, un nulla di fatto. Perché il Cts resta sulla sua posizione: non si può derogare al metro di distanza sui mezzi pubblici. Eventuali deroghe dovrebbero essere decise in sede politica, cioè dal governo.
I governatori, compreso Maurizio Fugatti, si sono presi la responsabilità, con ordinanza, di derogare ai limiti del Dpcm del 7 agosto, che ha nella sostanza ripreso quelli di maggio e che porterebbe alle conseguenze note e sintetizzate nell’articolo in basso: la impossibilità di organizzare il trasporto scolastico e garantire l’accesso alle scuole che tutti vogliono aperte, in presenza.
È una materia scivolosa, dove si scontrano le competenze di Stato, da una parte, e Regioni e Province autonome, dall’altra. Si naviga (non si viaggia) a vista, quindi. Ed il tema è sempre quello delle responsabilità di una scelta che sappia contemperare le esigenze di tutela della salute con il diritto all’istruzione.
L’Anci (l’Associazione nazionale dei comuni) ha proposto, senza trovare ascolto, che il governo demandi ai territori la valutazione del contesto - indice di contagio, caratteristiche dei mezzi di trasporto, etc. - per soppesare i rischi. Un conto, esemplificando, è la metropolitana di Milano, un altro la corriera che trasporta studenti e pendolari da Tione a Trento.
Altro elemento, fino ad ora l’unico che potrebbe suggerire una mitigazione delle misure: l’areazione naturale. «Accanto alla obbligatorietà della mascherina, è l’altra soluzione indicata. Oltre all’apertura delle porte alla fermata» spiega il mobility manager della Provincia, Roberto Andreatta «abbiamo fatto una verifica su un campione rappresentativo del 90% della flotta dei bus. Risulta, sugli urbani, che il 60% dei veicoli ha tutti i finestrini apribili (tipo vasistas o scorrevoli), il 40% ha fino ad un massimo di tre finestrini per fiancata apribili. Sugli extraurbani, invece, il 4% è senza finestrini, il 28% ha un finestrino per fiancata apribile e il 68% li ha tutti apribili».
Numeri da brivido per il trasporto pubblico alla ripresa delle elezioni. Sono quelli, dettagliati, forniti dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, che ha anche la competenza in materia di trasporti, alla consigliera di Futura 2018, Lucia Coppola.
Una delle richieste avanzate dalla consigliera è relativa alla capacità del trasporto pubblico locale di soddisfare i requisiti di distanziamento fisico richiesti dal governo per la Fase 2, garantendo il servizio per coloro che intendono usufruire del mezzo pubblico. La risposta, con la forma dei numeri, è secca: impossibilità di garantire il servizio.
Ovviamente tenendo conto dell’impostazione governativa fin qui data, che inibisce il 50% dei posti a sedere dei bus extraurbani e limita anche il numero dei passeggeri in piedi. Impostazione cui la Provincia di Trento e la maggioranza delle altre regioni hanno derogato.
Esemplificando: «Un autobus da 13 metri con 78 posti, precedentemente tutti occupati nelle ore di punta per servizi dalla periferia verso gli istituti superiori» ricorda Fugatti «può oggi caricare 25 passeggeri e, solo qualora sia accolta dal Ministero la modifica proposta dalle Regioni, un ulteriore 10% dei passeggeri, per un totale finale quindi che si aggira sui 33 passeggeri rispetto ai 78 precedenti». Lo scenario più preoccupante è quello del servizio extraurbano, che non ha e non può avere la frequenza di quello urbano (una corsa ogni 20 minuti). Gli studenti abbonati al trasporto verso gli istituti superiori sono circa 25 mila.
«Da settembre - si legge nella risposta data a Coppola - ci saranno nella fascia di primo mattino circa 15.000 posti che effettueranno il servizio extraurbano con circa 400 mezzi a fronte di una domanda di studenti superiori che una giornata tipica di lunedì ante Covid vedeva circa 11.000 ragazzi salire, cui si aggiungevano 11.000 ragazzi della secondaria di primo grado e di alcune scuole primarie per un totale di 22.000 studenti che, allo stato dell’arte, non troverebbe posto in misura pari a 7.000 unità: se poi si dovesse considerare di lasciare sui mezzi una quota residua del 30% circa a beneficio di lavoratori pendolari, i posti disponibili per gli studenti scenderebbero a poco più di 10.000, e quindi il numero degli studenti impossibilitati a salire supererebbe le 10.000 unità».
Insomma, un disastro. Né è pensabile di incrementare il numero delle corse, se non in modo minimale. Impossibile duplicare i mezzi: servirebbero «80 milioni di euro per 400 ulteriori bus, la cui fornitura sarebbe comunque da qui a due anni». E, in più, ci sarebbero i maggiori costi gestionali, con più autisti: «8 milioni di euro in ragione d’anno». Fugatti spiega che «il servizio con maggiori criticità risulta quello extraurbano di linea, laddove la capacità imporrebbe di avere non più di 5.000 studenti del ciclo superiore e 5.000 della secondaria di primo grado rispetto ai 22.000 che ordinariamente viaggiano.
Le criticità della primaria e nella secondaria di primo grado potrebbe essere parzialmente risolte (essendo non duplicabile anche la flotta privata) da una entrata ed uscita molto “diluita” nei plessi, in un arco orario che dovrebbe essere di circa 1h30’ per effettuare più rimesse dalle medesime località presso ogni plesso, processo non funzionale nel ciclo superiore dove pochi istituti di valle si trovano talvolta a grande distanza dalle residenze degli studenti». «Lo scenario» è l’auspicio «potrebbe radicalmente normalizzarzi nel caso in cui la capacità di carico, per effetto di disposizioni statali, potesse tornare ad essere quella ante Covid».