Molestie sessuali in Comune l'impiegata denuncia il tutor ma lui replica: non è vero
Palpeggiamenti, pesanti allusioni a sfondo sessuale, abbracci e baci non graditi. La vita in ufficio per una dipendente esterna di un piccolo comune del Trentino era diventata un inferno. E pensare che per la donna quel lavoro, prestato attraverso una cooperativa, era un sogno che si stava materializzando. A rendere tutto più difficile era stato il tutor, cioè il collega che le era stato affiancato dal Comune per orientarsi nel nuovo lavoro.
Questi si era dimostrato molto amichevole e disponibile ad aiutare. Ma poi - sostiene la donna - l’uomo aveva cominciato ad allungare le mani gettando la collega in uno stato di ansia e preoccupazione di perdere il lavoro. Che fare? Subire in silenzio un crescendo di approcci sessuali per tener stretto il posto di lavoro? Oppure denunciare quel collega molesto troncando così ogni rapporto con il suo tutor? Dopo aver subito per qualche mese le attenzioni sgradite la donna ha sporto denuncia.
Ora al tecnico comunale è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini. Pesanti sono i reati contestati dalla pm Antonella Nazzaro: stalking per aver perseguitato la vittima sfruttando la sua condizione di fragilità di fronte al collega, e violenza sessuale per gli atti di libidine subiti.
I fatti oggetto del procedimento penale si collocano tra il 2018 e il 2019.
La donna ha riferito ai carabinieri di aver subito più volte le sgradite attenzioni sessuali da parte del collega. Quest’ultimo, quando si trovavano in locali angusti come l’archivio e l’ascensore, si sarebbe strofinato sulla collega mimando l’atto sessuale. Le chiedeva ripetutamente baci e abbracci, le toccava il seno infilando la mano sotto la camicetta. A rendere ancor più pesante l’atmosfera sul posto di lavoro - sempre stando alla versione della querelante - erano i continui riferimenti sessuali del collega che invitava la donna ad indossare abiti succinti e perizoma.
Le accuse però vengono respinte dall’indagato che nega qualsiasi approccio di natura sessuale. Anzi, sostiene che la donna si è inventata tutto dopo che lui l’aveva criticata. Molti colleghi hanno confermato che l’odierno indagato è persona stimata, mai un’ombra in tanti decenni di lavoro in Comune. Inoltre l’uomo non aveva alcuna voce in capitolo nell’eventuale assunzione della collega e non poteva dunque favorirla.
Il caso è delicato e di non facile valutazione come tutti i procedimenti a sfondo sessuale in cui si confrontano due verità opposte, ma entrambe possibili. In questo quadro potrebbe avere rilievo un fatto banale ma che nel giudizio potrebbe pesare: tra i tanti, innocui messaggi che i due si erano scambiati c’è un video (mandato da lui) in cui si vede il “lato b”di un gruppo di ragazze. Un indizio non decisivo, ma che per l’accusa dimostra come gli approcci sessuali denunciati dalla donna non siano fantasie.