A Rango, Levico e Pergine niente mercatini di Natale Rovereto invece resiste

Mercatini di Natale, anche Levico e Rango si arrendono: dopo Trento è ufficiale il rinvio dell'appuntamento con le bancarelle per due delle manifestazioni più conosciute. A Pergine pure si va verso lo stop, manca solo l'ufficialità.

A Rango i mercatini sarebbero dovuti partire il 15 novembre, ma per la prima volta in 17 anni sono stati annullati nel piccolo villaggio dell'altopiano bleggiano diventato famoso per le celebrazioni natalizie.
La decisione è stata sofferta per un paese che durante l'anno ha circa 150 abitanti e per il Natale accoglie oltre 100 mila persone, capace di attrarre turismo e diventare motore economico per la vallata delle Giudicarie Esteriori. Ma dopo la riunione dei sindaci trentini con le autorità di giovedì, nella quale sono state delineate le condizioni necessarie per poter fare la manifestazione, organizzatori e primo cittadino di Bleggio Superiore hanno concordato che garantire la piena sicurezza di operatori e visitatori non era possibile. I vòlt, le viuzze, i vecchi fienili, le cantine che hanno reso celebre il mercatino di Rango non sono luoghi dove poter assicurare al cento per cento quel distanziamento fisico che il contenimento del coronavirus impone.

Un protocollo provinciale è in fase di definizione per le manifestazioni di questo tipo, una parte dei comuni trentini potrebbe dunque decidere di svolgerle in una versione particolarmente attenta alla prevenzione anti-epidemica, ma molto dipenderà dall'andamento dei contagi nei prossimi giorni.

In questo quadro anche il Comune di Pergine sceglie la via prudenziale.
E dunque, anche se ancora non c'è la conferma ufficiale, c'è comunque la quasi certezza che il mercatino non si farà.
Il sindaco di Pergine, che ha seguito in videoconferenza il confronto con gli organismi provinciali giovedì sera, non vede grandi possibilità di organizzare il mercatino natalizio a Pergine: «Mi sento di dire che molto probabilmente non si farà -spiega - perché per via della situazione attuale dell'emergenza e per la conformazione stessa della città, non è praticabile una soluzione in sicurezza. Ma non lasceremo comunque che Pergine non resti senza atmosfera natalizia: luminarie ed addobbi sono confermati, perché è giusto che anche i perginesi e non solo i turisti godano della bellezza che il Natale porta. Vedremo poi se riusciremo ad organizzare qualche altro evento alternativo, magari anche solo alcune casette. Stiamo valutando cosa fare».
Il contingentamento necessario per gestire eventualmente una manifestazione come i mercatini diventerebbe molto complicata soprattutto nel centro storico della città, dove oltre ai visitatori delle casette si deve tener conto dei cittadini che vi abitano o vi si recano per commissioni o acquisti.

A Rovereto, invece, il mercatino di Natale, probabilmente, si farà. Il primo cittadino Francesco Valduga non vede motivi per annullare una manifestazione che, oltre a fare bene allo spirito dei cittadini, fa girare l'economia.
Il problema, però, non sono le casette degli artigiani ma la gestione generale della pandemia che il governo, e a cascata gli altri enti pubblici come la Provincia, scarica sui Comuni.
«Noi sindaci, chiariamolo subito, non abbiamo alcuna paura ad assumerci le responsabilità - spiega Valduga - Ma per affrontare questo problema deve esserci un confronto e una decisione comune, non frammentare gli interventi che non serve a niente».

La contestazione del sindaco è comunque condivisa da altri colleghi alla guida di Comuni che rischiano di essere ricacciati nel lockdown e, soprattutto, chiamati a farlo in prima persona.
«Rispetto alla scorsa primavera è cambiato molto. Allora la chiusura serviva anche perché non avevamo presidi, si cercava il modo per affrontarla al meglio. Ora, invece, siamo preparati ma, ripeto, la decisione su come muoversi deve essere collegiale, non lasciata al caso».

Niente chiusure spot, dunque? «Non hanno senso. Questa è una pandemia mondiale e non posso certo pensare di chiudere metà via per fermare il virus. Servono provvedimenti uniformi e uguali per tutti. Noi possiamo confrontarci con il consiglio delle autonomie e poi con la Provincia e questa con lo Stato. Servono dati e analisi certi e una condivisione delle mosse da seguire. Non si può lasciare ai sindaci di decidere come vogliono e a singhiozzo. In questo modo non si risolve niente».

Il Covid, tra l'altro, rischia di essere uno scomodo compagno di viaggio per lungo tempo. «E questo è un altro punto. Se ci fosse una fine certa allora si potrebbe anche agire in maniera drastica. Ma non è così: dobbiamo renderci conto che ce lo porteremo dietro a lungo e dunque serve un approfondimento vero, completo, con una lettura seria dei dati. Prima di sospendere un'attività si deve essere certi che serva. Perché io mi metto nei panni di chi ha un'attività e imporre un lockdown sarebbe disastroso. Almeno per i dati epidemiologici che girano adesso».

 

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