Si riapre il fronte delle RSA il contagio in molte strutture e colpisce anche il personale
Il coronavirus è tornato a colpire nelle case di riposo trentine dove si contano ormai 6 focolai in altrettante Rsa. E i 5 morti conteggiati ieri erano tutti anziani, uno è deceduto in una rsa e gli altri 4 in ospedale, ma provenienti da strutture per anziani.
I casi più gravi sono tuttora quello di Montagnaga, dove purtroppo si sono registrati anche dei morti, e la casa di riposo di Malé, con più di venti positivi ai quali vanno aggiunti 12 operatori.
Poi ci sono anche altre quattro Rsa che nella primavera scorsa erano state risparmiate dal Covid, e che ora invece contano positivi tra il personale e in qualche caso anche fra gli ospiti. E si sta attendendo ancora l’esito di altri tamponi per capire se questi focolai sono destinati ad allargarsi all’interno delle strutture colpite, oppure si possono ritenere sotto controllo.
«Per il momento - commentava martedì Stefania Segnana, assessora provinciale alla salute e politiche sociali - su 58 Rsa ne abbiamo 6 con positivi, per fortuna gli ospiti sono o asintomatici o sintomatici, ma che non necessitano di ricovero perché non sono gravi. Un caso poi era stato trovato alla Solatrix, ma è stato trasferito a Volano. Nella Rsa Covid di Volano abbiamo attualmente ricoverate 56 persone e possiamo arrivare a 80. La prossima settimana se sarà necessario attiveremo la struttura Covid di Tione (lì’ex RSA ospedaliera riconvertita ex abrupto, ndr - dove abbiamo altri 17 posti».
L’allerta è alta perché si sa bene che gli anziani, che spesso oltre all’età hanno anche varie patologie, sono le persone che rischiano di più se aggredite dal Coronavirus. E non ci si dimentica di quanto avvenuto in primavera anche nelle case di riposo trentine, dove il virus è riuscito ad entrare.
«Ora però - rimarca l’assessora Segnana - le strutture sono più preparate a gestire la situazione. Se si individua un caso o due viene trasferito a Volano. Se i numeri sono intorno ai 7-8 casi si valuta di volta in volta ma si può destinare un piano ai malati Covid. Il dato positivo che ci dice che i protocolli stanno funzionando è che sono stati trovati operatori positivi in molte più case di riposo di quelle dove poi si sono registrati i casi anche tra gli ospiti, ai quali, a seconda se asintomatici o sintomatici, vengono fatti i tamponi molecolari o i test rapidi. Questo ci fa ben sperare sul fatto di riuscire ad arginare il virus».
La situazione delle case di riposo trentine, comunque, viene monitorata costantemente, con la collaborazione di Upipa e dei vertici delle strutture e uno degli aspetti che preoccupa riguarda il personale.
«Nei casi come Malé - spiega Segnana - con tanti operatori positivi abbiamo cercato di dare una mano con il supporto della task force per la gestione dei casi e abbiamo attivato Upipa, perché l’Azienda sanitaria non può fornire personale visto che, a differenza della primavera scorsa, non sono stati sospesi gli altri servizi che vanno garantiti».
Gli operatori positivi sono una ventina in strutture diverse «ma in tutte le Rsa lavorano 5.700 operatori» ricorda l’assessora Segnana, per sottolineare come il problema - per il momento - resti circoscritto e gestibile. Ma il Coronavirus ci ha insegnato che ha un comportamento subdolo e la situazione può scappare di mano improvvisamente. «Per questo raccomando a tutti - esorta Segnana - a rispettare le regole perché non è con i tamponi ma con il rispetto delle regole che si può combattere il Covid».
Il sindacato: gestione con enormi falle. Se l'assessore è ottimista sulla capacità di tenuta, non così il sindacato.
La Fenalt - sindacato di maggioranza fra gli operatori delle Rsa trentine - esprime forte preoccupazione per la tutela della salute degli ospiti e degli operatori. Roberto Moser , vice segretario generale del Sindacato e responsabile del settore Case di riposo, commenta la situazione: «Quest'estate abbiamo avuto un po' di tregua che avrebbe dovuto servire per prepararci alla seconda ondata. Sono stati fatti protocolli da parte dell'assessorato alle politiche sociali, ma senza mai consultare gli operatori forti dell'esperienza maturata sul campo nei mesi più drammatici dell'emergenza. Ora che la situazione si aggrava è il caso fare alcune precisazioni. Chi come l'Unione provinciale delle istituzioni per l'assistenza (Upipa) ritiene che si sia esercitata la massima vigilanza per tutelare gli ospiti e ora attribuisce agli operatori la responsabilità dei contagi, sottovaluta la gravità della situazione ed offende la professionalità di chi opera nelle Case di riposo. Quello che come Fenalt denunciamo è la mancanza di una regia complessiva da parte dell'Assessorato che ha consentito che si aprissero pericolose falle nella rete».
E qui il sindacato svela una situazione non certo piacevole. «Abbiamo avuto notizia dello svolgimento di feste di compleanno all'interno delle residenze che, se umanamente comprensibili, in una fase di pandemia hanno verosimilmente aumentato il rischio di infezione. Abbiamo visto operatori chiamati al lavoro con tamponi positivi in violazione di ogni norma. C'è stato uno sbaglio? Tutti possono sbagliare, ma direi che certi sbagli sono inaccettabili. Si è preteso che gli operatori delle case di riposo facessero un tampone ogni 2 settimane massimo, e si è chiesto loro di farsi un tampone a proprie spese durante le vacanze prima del rientro. Adesso le nuove normative sono più restrittive, tamponi ogni 7 giorni massimo. Ma come sempre col Covid anziché giocare d'anticipo, perché è impopolare, si preferisce rincorrere gli eventi pur sapendo che da un momento all'altro possono trasformarsi in dramma. Il livello di sopportazione dei nostri iscritti si sta colmando».