Il crack degli spumanti Opera: in Tribunale la vicenda della casa vinicola di Cembra e dei soldi spariti (con il vino nascosto a Campiglio)
Dopo aver toccato il cielo ricevendo premi e riconoscimenti in Italia e all’estero per il suo Trento doc, finisce in Tribunale l’avventura vitivinicola della cantina Opera di Verla di Giovo. In sei - tra ex amministratori della società, consulenti, soci della nuova società che cercò di rilevare la cantina di Opera - sono imputati di bancarotta fraudolenta. L’udienza preliminare davanti al giudice Claudia Miori ieri è stata rinviata su richiesta della difesa. Si torna in aula a marzo.
La richiesta di rinvio a giudizio si basa sulle indagini condotte dalla Guardia di finanza di Trento che nel marzo del 2018 sequestrò circa 200 mila bottiglie destinata a diventare pregiato Trento doc. Secondo l’accusa - che in questa fase, è bene ribadirlo, è ancora da dimostrare - attraverso un contratto di affitto di azienda con la Arepo srl parte del vino sarebbe stato «distratto» a scapito dei creditori.
Alfio Garzetti in qualità di socio e legale rappresentante della fallita Opera srl; Carmen Maturi, quale legale rappresentante della Arepo srl; Riccardo Vidi come consulente e amministratore di fatto di Opera e Arepo; l’avvocato Claudia Vettorazzi, in qualità di consulente legale di Arepo e Opera secondo la procura spogliavano la società Opera srl del suo patrimonio, falsificavano la contabilità dopo il fallimento e la tenevano dolosamente in maniera tale da non rendere possibile ricostruire il movimento degli affari.
I quattro imputati avrebbero affittato l’azienda vitivinicola della società Opera al prezzo, definito irrisorio, di 24mila euro annui (di gran lunga inferiori all’importo degli oneri finanziari di Opera superiori ai 100 mila euro annui, rileva il pubblico ministero) con atto notarile del 2 dicembre 2016 alla società di nuova costituzione Arepo srl «al fine di acquisire - si contesta nel capo di imputazione - il possesso del magazzino di ingente valore».
Nel mirino degli inquirenti è finita la scrittura privata integrativa del contratto d’affitto non registrata e di data apparente primo marzo 2017 tra Opera srl e Arepo srl con la quale Opera si impegnava a cedere ad Arepo il 10% dei ricavi sulla vendita del vino e a vendere tutto il vino ad Arepo con uno sconto minimo del 35% senza alcuna effettiva controprestazione in favore di Opera srl.
Tra le contestazioni figura una fattura emessa da Opera relativa alla vendita ad Arepo di 1050 bottiglie di Opera Rosé Noir come da contratto ma la fattura - sempre secondo l’accusa - non veniva pagata ad Arepo srl ne veniva chiesto il pagamento da parte del legale rappresentante di Opera. Tra le accuse figura anche la presunta sottrazione di 142.968 bottiglie dalla cantina di Opera facendole ritenere di proprietà di Arepo.
Alfio Garzetti, Bruno Zanotelli (socio della fallita Opera srl); Camen Maturi, Riccardo Vidi, Claudia Vettorazzi in concorso tra loro avrebbero sottratto 7.056 bottiglie di vino in lavorazione della società Opera del valore di circa 30.000 euro prelevandole presso la cantina di Verla di Giovo ed occultandole presso il garage di Riccardo Vidi.
Infine a Alfio Garzetti, Carmen Maturi, Riccardo Vidi e Claudia Vettorazzi vengono contestate presunte falsità sulle scritture contabili dopo il fallimento e di aver tenuto la contabilità in maniera da non rendere possibile la ricostruzione del movimento d’affari. In particolare in data 18 gennaio 2018 - si legge sul capo di imputazione - dopo la dichiarazione di fallimento e la sua conoscenza in capo agli indagati ma prima di consegnare la contabilità al curatore fallimentare, Vidi e Vettorazzi predisponevano una falsa fattura emessa da Opera con numero 876 e retrodatata al primo dicembre 2017 contenete l’importo del canone annuale di 24 mila euro ed ulteriore merce venduta per un totale di 85mila euro facendo perciò risultare venduta ma di fatto vendendo dopo il fallimento una partita di vini e comunque falsificando la contabilità, falsificazioni rinvenute nel pc di Vidi Riccardo».