L'indagine sul piano pandemico "fantasma". Cinque ore di audizione del ministro Speranza
Si è conclusa nel pomeriggio l’audizione del ministro Roberto Speranza, sentito come persona informata sui fatti, dal procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota in trasferta a Roma con un pool di pm che indagano sulla gestione del Covid nella Bergamasca.
La deposizione è durata per circa 5 ore e ha riguardato in particolare il presunto mancato aggiornamento del piano pandemico e la mancata attuazione di quello in vigore quando è scoppiata la prima ondata e tuttora vigente che, secondo gli inquirenti, è fermo al 2006.
E sempre sul piano delle indagini la Procura milanese ha chiesto la proroga dell’indagine sulla gestione dell’emergenza covid all’istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano. Si vuole verificare se le condotte tenute nei confronti dei pazienti ospiti sono state adeguate.
E la Procura di Pavia ha chiesto una proroga delle indagini di sei mesi nell’inchiesta che vede indagate otto persone per l’accordo tra il Policlinico San Matteo e la multinazionale DiaSorin in relazione allo sviluppo di test sierologici e molecolari per la diagnosi del Covid 19.
Non solo «è pacifico» che l’Italia abbia affrontato la prima ondata di Coronavirus con un piano pandemico che risaliva al 2006, ma ora ci sono pure molti dubbi sul fatto che quelle indicazioni stilate 14 anni fa siano state applicate per "tamponare" l’emergenza annunciata con tutti i suoi rischi dall’Oms addirittura il 5 gennaio 2020, ben prima dell’accertamento del primo paziente positivo al Covid.
Si punta a stabilire anche questo nel filone di indagine della Procura di Bergamo che ha aperto un fascicolo sulla gestione dell’epidemia nella zona, una delle più martoriate del nostro Paese, e che riguarda la mancata istituzione di una zona rossa, il caso dell’ospedale di Alzano e i morti nelle Rsa.
Il capitolo sul piano pandemico, l’ultimo avviato in ordine di tempo, è in sostanza la base da cui partire per poi andare avanti con le altre tranche.
È importante per stabilire se esiste o meno un nesso causale tra il mancato aggiornamento di quello in vigore un anno fa (aveva la data del 2017 ma, è stato appurato, si sarebbe trattato di un copia-incolla di quello del 2006) e probabilmente la mancata applicazione, e le molte vittime nelle valli della Bergamasca di cui rimangono le tristi immagini dei camion dell’esercito incolonnati con sopra le loro bare.
«Il piano pandemico era quello del 2006, almeno questo è quello che ci è stato dichiarato», ha tagliato corto il procuratore aggiunto Cristina Rota dopo aver sentito, assieme ai pm con cui sta indagando, per oltre 6 ore Giuseppe Ruocco, il segretario generale del ministero della Salute e dal 2012 al 2014 direttore generale della Prevenzione.
Il tecnico, che al termine della sua deposizione - avvenuta anche alla presenza di Andrea Crisanti, il consulente dei pubblici ministeri -, si è limitato a dire di aver «contribuito a fare chiarezza», è il primo degli esperti ad essere convocato.
Per domani è atteso Francesco Maraglino, direttore Ufficio 5 - Prevenzione delle Malattie trasmissibili e Profilassi internazionale, per i magistrati colui che avrebbe dovuto redigere materialmente il piano pandemico e una funzionaria. Per mercoledì, invece, è stato convocato Claudio D’Amario, ex della Prevenzione del ministero attualmente direttore del dipartimento della salute abruzzese e un’altra funzionaria.
A inizio gennaio, su delega degli inquirenti bergamaschi, la guardia di finanza ha effettuato una serie di acquisizioni di carte presso alcuni uffici del Ministero, l’Iss, Regione Lombardia, Asst di Seriate e Ats di Bergamo e Milano.
Con le audizioni e le carte raccolte, il filone di inchiesta sul piano pandemico, punta a verificare, per dirla con le parole del Procuratore Chiappani, se comunque quel piano che «è pacifico» fosse del 2006, sia stato «applicato» e cioè «utilizzato nelle prime fasi dei contagi» e se in sostanza siano state attivate le procedure previste dai sei ‘step’ con relative «attività da svolgere». Nel caso contrario vanno valutate le responsabilità e le eventuali omissioni. Dopo di che, una volta chiarito il quadro, questo filone di indagine verrebbe trasmesso a Roma per competenza.