Rurale di Lavis, fusione legittima, dal Tribunale una «bastonata» ai soci «ribelli»
Non solo le procedure di voto furono legittime, ma i ricorrenti dovranno pagare 65 mila euro di spese legali (ma intendono ricorrere in Appello)
TRENTO. Finisce con una sonora sconfitta la battaglia dei soci "ribelli"della Cassa rurale di Lavis, Mezzocorona e Valle di Cembra, che chiedevano l'annullamento della fusione con Trento. Il Tribunale di Trento, infatti, non solo ha respinto la richiesta di "sciogliere" le nozze tra le due Casse rurali, ritenendo che le procedure di votazione siano state corrette e, dunque, la delibera impugnata legittima, ma ha anche condannato i 396 soci a rimborsare le spese di lite alla Cassa di Trento, Lavis, Mezzocorona e Valle di Cembra. Un conto che, visto il "valore" elevato della causa in gioco (il patrimonio dei due istituti), raggiunge i 65mila euro.
La partita giudiziaria, però, potrebbe non essere chiusa. I soci dell'ex Cassa rurale di Lavis, assistiti dagli avvocati dello studio del professor Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, potrebbero presentare appello. I profili sollevati dai soci ribelli, supportati della Provincia di Trento, erano molteplici: dalle presunte irregolarità nella fase di voto della delibera all'assenza del via libera di pizza Dante al processo di fusione.
Ma la battaglia si giocava anche sul filo del diritto. Gli attori, in particolare, avevano sollevato dei dubbi sulla illegittimità dell'articolo 2504 quater del codice civile, secondo cui, una volta eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione, l'invalidità della stessa non può essere più pronunciata.
La nuova Rurale, difesa dall'avvocato Stefano Mengoni, aveva invece replicato che la questione era già stata valutata in altre occasioni e che erano stati esclusi profili di incostituzionalità. Una tesi condivisa dal Tribunale. «In prima battuta - evidenzia l'avvocato Mengoni - la sentenza riconosce che con l'iscrizione dell'atto di fusione, l'articolo 2504 quater del codice civile opera una sanatoria e non è una norma incostituzionale, anche rispetto ad eventuali violazioni di norme pubbliche, che nel caso di specie non esistono, perché tutela anche la prevalente esigenza, altrettanto costituzionalmente garantita, di tutela dell'affidamento dei terzi e di stabilità delle organizzazioni aziendali».
Quanto alle altre questioni di costituzionalità sollevate, i giudici, per stabilirne la non rilevanza, evidenziano come le domande dei ricorrenti fossero infondate nel merito. Il primo nodo riguardava i presunti vizi deliberativi legati alle procedure di voto . E il Tribunale, qui, è netto: «Le modalità accertate e risultanti dal verbale dell'assemblea straordinaria paiono del tutto conformi» ai criteri fissati dallo statuto e dal regolamento assembleare della Rurale di Lavis. Come peraltro ha sancito il notaio nel verbale. Pertanto, «non ravvisandosi alcuna irregolarità o invalidità del verbale assembleare - si legge in sentenza - ne consegue che anche una (eventuale) pronuncia di incostituzionalità della norma (ritenuta comunque non sussistente ndr) non assumerebbe alcuna rilevanza».Quanto al mancato via libera alla fusione da parte della Provincia di Trento, che si è affiancata ai soci ribelli, i giudici - presidente Renata Fermanelli con Giuliana Segna e Benedetto Sieff - accolgono invece la tesi della controparte e ritengono che «non sussistesse alcun potere autorizzativo» in capo a piazza Dante.
«Dopo l'istituzione del meccanismo di vigilanza unico europeo - sottolinea l'avvocato Mengoni - per le banche cosiddette "significative" come le due Casse rurali coinvolte nella fusione, la competenza esclusiva è della Bce». «Siamo soddisfatti- commenta Ermanno Villotti, ex presidente della Cassa rurale di Lavis e attuale vice presidente - perché questa sentenza ribadisce la regolarità del provvedimento assunto, va detto, dal 70% dei soci presenti in assemblea. Sono dispiaciuto per l'animosità che ha caratterizzato la contrarietà alla delibera e per il fatto che la Rurale sia stata portata in Tribunale. Ma ora viene riconosciuto che quanto abbiamo proposto era legittimo, oltre che serio e fatto a vantaggio della Cassa e dalla comunità che serviamo».