Giovane malato di diabete fa condannare la Provincia: riconosciuta l'invalidità
Il 15enne ha ottenuto il diritto di ricevere l'assegno per la famiglia, che nelle altre Regioni italiane viene erogato automaticamente in presenza della patologia
TRENTO. Luca (il nome è di fantasia) è affetto da diabete giovanile. La malattia condiziona in modo pesante la vita del ragazzo e dei suoi genitori.
Eppure in Trentino, a differenza del resto d'Italia, lo stato di invalido civile ai giovani malati di diabete mellito (per Luca anche morbo celiaco), non viene riconosciuto dalla Provincia in via automatica, come accade nel resto del Paese.
I genitori di Luca hanno dovuto citare in giudizio la Provincia per accertare che lo stato patologico di cui è affetto il minore è tale da riconoscere in capo al ragazzo la condizione di invalido civile minorenne, con il diritto a ricevere il relativo assegno previsto da una legge del 1998 per aiutare le famiglie.
Grazie a quella che potremmo definire una "causa pilota", per centinaia di giovani pazienti diabetici trentini forse si avvicina il diritto al riconoscimento automatico della condizione di invalidità.
Questo anche se Luca, pur tra molte difficoltà, conduce una vita ricca di stimoli: frequenta con profitto la scuola, pratica vari sport, suona uno strumento. Insomma, conduce una vita simile a quella dei suoi coetanei ma molto più impegnativa perché il ragazzo deve sempre essere in contatto con i genitori per intervenire qualora i valori della glicemia lo richiedano.
Il ragazzo, oggi 15enne, legalmente rappresentato dai genitori, patrocinato dall'avvocato Lorenzo Eccher, ha vinto la causa intentata contro la Provincia.
Il Tribunale ha infatti accertato che il ricorrente si trova a far data dal luglio 2017 nello stato di invalido civile «in quanto portatore di difficoltà persistenti a svolgere il compito e le funzioni della propria età». La Provincia dovrà dunque corrispondere al ragazzo, a decorrere dalla stessa data del luglio 2017, l'assegno mensile per gli invalidi civili minorenni. Il confronto sul terreno giudiziario verteva in sostanza intorno ad un quesito: il giudice ha chiesto al consulente tecnico di accertare «se il minore in ragione della patologia da cui è affetto, abbia difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della propria età».
La vita di un ragazzo malato di diabete mellito è certo molto impegnativa.
«Le indicazioni sulla quantità di insulina vengono dai genitori - si legge in sentenza - informati dal figlio Luca che comunica loro il valore glicemico, ma tutta la fase di rilevazione e conseguente somministrazione è svolta in autonomia».
Quindi è corretto dire che «senza la presenza costante dei genitori Luca dovrebbe rinunciare a fare delle attività in compagnia dei coetanei».
Secondo il giudice «può considerarsi accertato che il ricorrente, quando si accinge a svolgere attività fisica, incontra "difficoltà persistenti" nel senso che, specie quando la glicemia scende sotto il valore di 80mg/dl (evento che può presentarsi anche tutti i giorni) è costretto a rivolgersi ai genitori per avere indicazioni sui comportamenti da tenere, più precisamente per sapere se deve mangiare qualcosa o deve attendere per iniziare l'attività, o deve fare un'aggiunta di insulina o deve rinunciare a svolgere l'attività».
Luca dunque può continuare a suonare e a fare sport, ma deve essere accorto e sempre attento ai valori dell'insulina. È dunque un ragazzo normale, con una difficoltà in più rispetto ai suoi coetanei.
Per questo il giudice gli ha riconosciuto il diritto a percepire l'assegno di invalidità. La sentenza, ovviamente, riguarda solo Luca e i suoi genitori, ma potrebbe segnare un precedente.
Di fronte alla possibile "pioggia" di ricorsi analoghi la Provincia potrebbe tornare a ragionare sulla possbilità di applicare anche in Trentino l'orientamento dell'Inps: «Per i minori affetti da diabete mellito tipo 1 si deve riconoscere in ogni caso la sussistenza di difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell'età». S. D.