Processo Bataclan, la mamma di Valeria Solesin: "Dei terroristi ho il massimo disprezzo e non mi fanno paura"
La determinazione e il dolore della mamma della giovane vittima veneziana, studentessa dell'Università di Trento. In aula gli arroganti proclami jihadisti dell'imputato Salah Abdeslam, unico superstite dei kamikaze che insanguinarono Parigi il 13 novembre 2015
UNIVERSITÀ Una borsa di studio per ricerca nel nome di Valeria
IL RICORDO a Trento una piazza dedicata a Valeria Solesin
PARIGI. Sei anni dopo, Salah Abdeslam, unico superstite dei commando kamikaze che insanguinarono Parigi il 13 novembre 2015, ha ritrovato la parola.
Finora muto nel suo isolamento del carcere di massima sicurezza, il franco-marocchino è stato protagonista fin dal primo istante di quello che i francesi hanno già definito "il processo del secolo". Ha provocato i giudici, poi ha sfidato la sopportazione delle vittime protestando per presunti maltrattamenti.
La tensione è stata subito alta nell'aula bunker costruita per questo processo che durerà 9 mesi e che vedrà alternarsi imputati, superstiti, familiari delle vittime, inquirenti, testimoni.
All'ingresso, arrivato con un corteo blindatissimo dal carcere di Fleury-Merogis, Abdeslam, 31 anni, ha attirato subito gli sguardi di tutti.
Gli altri co-imputati erano vestiti con camicie bianche, lui in t-shirt nera, barba folta e nera che spuntava abbondantemente dalla mascherina anti-Covid dello stesso colore, capelli pettinati all'indietro con il gel. Quando il presidente del tribunale Jean-Louis Périès, per primo, stava per prendere la parola nella sala Grand Procès - dove possono entrare fino a 3.000 persone - per chiedergli le generalità, Salah lo ha preceduto.
"Sono persone di cui ho il massimo disprezzo, non più di questo: mi sono piuttosto indifferenti. Non mi fanno paura", commenta Luciana Milani, la madre di Valeria Solesin, giovane veneziana universitaria a Trento, vittima italiana alla strage del Bataclan, descrive le proprie sensazioni nei confronti dei terroristi responsabili degli attentati a Parigi del 13 novembre 2015, in un'intervista a Il Gazzettino, nel giorno dell'apertura del processo in Francia.
"Penso - afferma Milani - che sarà un processo miliare, e sono felice di come la Francia lo sta trattando, di come stia informando noi parti civili: è un fatto sostanziale e non solo di rispetto verso le vittime e i parenti".
La morte di Valeria "è stato un attacco al modo di vivere occidentale.
È stato un attacco all'essere cittadini, alla polis, alla comunità.
Ma penso che il processo - continua la madre di Valeria - lascerà questo aspetto sullo sfondo per radicarsi sui fatti e su come sia stato possibile succedesse".
Dopo quel lutto "sia io che mio figlio e mio marito - racconta - abbiamo cercato di essere quelli di prima, speriamo di esserci riusciti.
Nessuno ci ha lasciato soli, dalla città alle istituzioni. Poi però, ci sono i momenti in cui sei da solo", conclude.
Per tornare al processo, hanno impressionato le dichiarazioni violente dell'imputato.
"È una tattica, ha deciso di fare una difesa di rottura", ha spiegato a Bfm-Tv Antoine Vey, noto avvocato specialista di terrorismo.
"Ci tengo innanzitutto - ha proclamato il terrorista abbassandosi la mascherina - a testimoniare che Allah è l'unico dio e che Maometto è il suo messaggero".
Il presidente Périès non ha perso il sangue freddo: "Di questo parleremo dopo", gli ha risposto. Dopo aver confermato le sue generalità - rifiutando però di fare altrettanto con quelle del padre e della madre "che non hanno nulla a che vedere qui" - Abdeslam ha aggiunto di aver "abbandonato la professione per diventare un combattente dello Stato Islamico".
Lo show di Salah, che in oltre 5 anni di detenzione non ha detto una parola nel quadro dell'istruttoria, è proseguito poco dopo.
L'uditorio era fremente, il caldo, le mascherine, i controlli estenuanti, oltre 650 poliziotti e gendarmi per filtrare e perquisire: al colmo della tensione in aula, Farid Kharkhach, 39 anni, uno degli imputati, si è accasciato, a quanto sembra per un malore.
Sospettato di aver fornito i documenti falsi ai commando di terroristi che quella notte fra lo Stade de France, il Bataclan e i bistrot uccisero 130 persone e ne ferirono altre 350, Kharkhach è stato portato via e l'udienza è stata brevemente sospesa.
Al rientro, di nuovo Salah è stato protagonista: "Qui è tutto molto bello - ha detto ironico Salah guardando le mura della grande aula costruita per il maxiprocesso - ma bisogna vedere com'è dietro. Veniamo maltrattati. Sono 6 anni che vengo maltrattato, trattato come un cane e non dico niente perché so che dopo la mia morte sarò resuscitato".
Parole che hanno suscitato un forte brusio, mentre dalle ultime file - dove c'erano i pochi familiari delle vittime presenti - si è levato qualche grido di protesta, uno in particolare che ha ricordato all'imputato che lamentava maltrattamenti: "Noi abbiamo avuto 130 morti! Bastardo!".
Sui presunti abusi è poi intervenuto anche l'avvocato di Kharkhach, Albéric de Gayardon, lamentando che il suo cliente già in "stato depressivo" e "indebolito", ha dovuto subire "perquisizioni fino a rimanere completamente svestito".
Non c'è quindi stato bisogno di attendere i momenti che si annunciano più crudi di questo processo che si concluderà a fine maggio, e neppure l'interrogatorio di Abdeslam, previsto a gennaio.
È stata tensione, rabbia e durissimo faccia a faccia tra i jihadisti e la giustizia francese fin dal primo giorno.
Con un protagonista assoluto, Salah Abdeslam, che si è difeso attaccando e sembra determinato ad andare fino in fondo con la strategia della provocazione.