La Provincia chiederà il Green pass anche a chi fa lo smart working da casa: «Il lavoro da remoto non sia una scorciatoia per non vaccinarsi»
Il dirigente Nicoletti e l’assessore Spinelli sono decisi: «Questa opzione va data a tutti i lavoratori a rotazione, nessuna precedenza. E chi non è in regola, sarà sospeso e senza retribuzione»
TRENTO. «Anche i dipendenti provinciali che lavorano in smart working dovranno avere il green pass, perché non è che se ne stanno sempre a casa e non accedono mai agli uffici. Lo devono fare, ad esempio, per confrontarsi con il dirigente, quindi è necessario anche per loro, o saranno sospesi come gli altri privi di certificato». Il direttore generale della Provincia, Paolo Nicoletti, anticipa l'orientamento che l'ente pubblico sta maturando in vista dell'applicazione dal 15 ottobre anche per i dipendenti provinciali del decreto legge che prevede l'obbligo del green pass per accedere alla sede di lavoro.
Quindi chi tra i 4.600 provinciali, più i dipendenti degli altri enti collegati, non è ancora vaccinato e sta pensando di risolvere il problema green pass chiedendo di poter lavorare da casa è avvertito.
Lo smartworking - o lavoro da remoto - rischia di non rappresentare una scappatoia. «L'idea dunque, anche per semplicità, - sottolinea Nicoletti - è quella di richiedere il green pass a tutto il personale e sospendere chi non ce l'ha. Faremo comunque prima una ricognizione per capire quanti sono i non vaccinati che non intendono neppure fare il tampone e dunque di che numeri stiamo parlando. Stimiamo che possa essere una percentuale in linea con i non vaccinati tra la popolazione generale del Trentino».
In attesa di un quadro reale del numero di no vax tra i dipendenti provinciali, va considerato, comunque, che la Provincia solo a inizio mese si era dotata di una circolare per disciplinare lo smartworking fino a fine anno. E questa circolare prevede che un dipendente possa fare solo un giorno di lavoro da remoto alla settimana, solo alcune categorie possono farne due. Questa regola prevede dunque una rotazione tra i dipendenti che possono lavorare da casa e che attualmente sono circa 900. Con queste modalità, dunque, chi non ha il green pass e ottiene di poter lavorare in smartworking sa che può farlo solo un giorno alla settimana. Negli altri giorni dovrebbe recarsi in ufficio e presentare il green pass. Se non lo ha viene sospeso senza stipendio e contributi. Insomma, l'attuale organizzazione del lavoro a distanza non viene incontro ai "no vax" e i vertici provinciali non sembrano intenzionati a "favorire" i non vaccinati o comunque chi è privo di green pass, anche per una questione di principio.
Lo dice chiaramente l'assessore provinciale al lavoro e alle attività economiche, Achille Spinelli, che rispetto alla possibilità di concedere lo smart working ai "no green pass" dichiara: «È una questione di cui non abbiamo ancora discusso, ma non credo che sia una scelta attuabile per una ragione di equità e rispetto di tutti». Insomma, favorire chi non ha il green pass nell'accesso allo smartworking sarebbe discriminante per tutti gli altri lavoratori - la maggioranza - che si sono vaccinati.
«Lo smartworking - precisa infatti l'assessore - è oggetto di una valutazione da parte dei dirigenti della Provincia, che scelgono tra chi ha i requisiti chi può farlo. Ritengo non sia attuabile destinare una quota superiore ai non green pass solo per il fatto che non possono accedere agli uffici».Attualmente su 4.600 dipendenti provinciali, tolte le categorie che per la specifica attività non possono lavorare da casa (forestali, vigili del fuoco, operai, uscieri e altri) restano circa 3.800 persone soprattutto impiegati e quadri.