Bimba morta di malaria, nessun colpevole, ma la mamma di Sofia attacca: «ci sono "non colpevoli" che sanno di aver sbagliato, ma che lo negano anche a loro stessi»
La dura lettera della famiglia, dopo la conclusione del processo nel quale la magistratura «non è stata in grado di stabilire» se il contagio avvenne al Santa Chiara. «Chi ha iniettato il virus, non meriterebbe più di fare quel mestiere, e invece...»
GIUSTIZIA Perché l'inchiesta è stata archiviata
TRENTO. Giovedì scorso il Gip di Trento ha archiviato l'inchiesta sul decesso di Sofia Zago, la bambina di quattro anni deceduta il 4 settembre del 2017 per aver contratto la malaria all'ospedale Santa Chiara di Trento. Ma la mamma di Sofia, Francesca Ferro, non ci sta.
Con una lettera, in maniera pacata ma ferma, racconta le sue emozioni dopo la fine del procedimento. Assodato che la bimba è stata contagiata all'ospedale Santa Chiara, non è stato invece possibile raggiungere la prova certa che a provocarlo, involontariamente, possano essere stata l'infermiera che aveva effettuato un prelievo di sangue dalla piccola o le due colleghe in servizio il 17 agosto, data del contagio.
Per questo il giudice per le indagini preliminari Adriana De Tommaso ha disposto l'archiviazione del procedimento penale contro le tre operatrici sanitarie, oltre che per un medico.
Ma ecco la riflessione della mamma di Sofia. «In questi giorni, dopo l'archiviazione dell'inchiesta sulla morte della mia Sofia, in tanti mi hanno chiesto cosa provo. In realtà in quel momento ho sentito solo gelo. I giornali mi hanno definito spesso una donna forte, senza rabbia, né rancore: ma io in quella descrizione non mi riconosco. Mi rivolgo ai "non colpevoli", che sanno di aver sbagliato, ma che lo negano anche a loro stessi. Mi rivolgo a chi ha iniettato il virus della malaria a mia figlia. Mi rivolgo a chi, forse non merita di andare in prigione, ma di certo non merita di continuare ad esercitare una professione come nulla fosse successo. Sbagliare è umano, ma se lo sbaglio annulla e cancella la vita di una bambina per negligenza e disattenzione, tutto ciò non può passare assolutamente inosservato. È difficile spiegare tutta la mia frustrazione, rabbia, disperazione e senso di impotenza. Io non mi riconosco nella descrizione dell'articolo: io sono una madre sofferente, delusa e rassegnata, che non è in grado di perdonare chi non ha ammesso la propria colpa. Sofia non potrà più crescere diventare grande e realizzarsi in quella terra che lei ingenuamente nella sua felicità di bimba riteneva sana e protettiva;
in quell'ambiente dove da qualsiasi parte essa guardava, non c'era altro che felicità e soprattutto sicurezza e protezione. Ma non è stato così: quell'ambiente tanto invidiato per i valori verso la comunità, la famiglia, la chiesa, la giustizia, verso la vita fatta di sani valori morali, ha invece fallito. Tutto a dimostrazione che in fondo anche nella terra dei sogni invidiata da tutti, accadono cose gravi. Sofia purtroppo ha avuto il ruolo di testimonial di un fallimento che passerà sotto il ponte scorrendo fino a quel mare di errori dimenticati, lasciando forse un ricordo scritto in qualche cassetto per qualche decennio. Sofia è e rimarrà la parte più sacra della mia esistenza».