In malattia dalle Ferrovie, ma risultava a una gara ciclistica: la Cassazione però annulla il suo licenziamento
L’operaio trentino si era rotto un dito del piede in un infortunio, e tre giorni dopo risultava in classifica in una «gran fondo» di 123 chilometri. Però aveva prestato il chip a un amico, dopo tre anni di processi (e senza lavoro) scagionato
TRENTO. L'operaio ciclista - licenziato con l'accusa di aver corso una gran fondo mentre era in malattia - ha vinto la sua battaglia anche in Cassazione. La Suprema corte ha infatti respinto il ricorso di Rete Ferroviaria Italiana.
La società chiedeva di annullare la sentenza della Corte d'appello di Trento che aveva giudicato illegittimo il licenziamento. Ma questo successo giudiziario era arrivato dopo quattro anni trascorsi senza lavoro poiché in primo grado il Tribunale di Trento aveva dato torto al dipendente.
L'operaio, difeso dall'avvocato Stefano Pietro Galli, era stato licenziato con l'accusa di aver simulato una malattia. Risultava che il dipendente il 10 aprile del 2011, solo 3 giorni dopo aver subito la frattura di una falange dell'avanpiede, aveva partecipato ad una gran fondo di ciclismo, la «Liotto-Città di Valdagno» di 123 km.
In realtà l'operaio era rimasto a casa dolorante, ma per non perdere punteggio aveva prestato il suo microchip di gara ad un compagno di squadra che quel giorno corse anche per lui (piazzandosi al 397° posto).
Uno scherzetto costato carissimo al dipendente, licenziato in tronco dopo 39 anni di servizio senza macchie.
Le contestazioni disciplinari arrivarono tre anni dopo i fatti perché Rfi venne a sapere delle prodezze ciclistiche dell'operaio molto dopo l'infortunio, quando la vicenda emerse nel procedimento penale aperto a carico di due responsabili (poi prosciolti) della sicurezza di Rfi proprio per l'infortunio al piede.
Il successivo giudizio civile però dimostrò che il lavoratore non aveva simulato l'infortunio. La consulenza medico legale ordinata dalla Corte d'appello stabilì che l'operaio-ciclista mai avrebbe potuto gareggiare quel giorno con un dito del piede rotto.
Avrebbe dovuto sopportare dolori lancinanti; il piede ferito mai sarebbe entrato nella scarpetta da ciclismo. Il ricorso di Rete Ferroviaria è stato dunque respinto.