Soldi del PNRR per la sanità: servono Case della Salute e nuovi Ospedali di valle, ma la Provincia non le prevede
La denuncia della Cgil Funzione Pubblica: ci sono 66 milioni in arrivo, ma la riorganizzazione «trentina» dell’Azienda Sanitaria non prevede nulla di quello prescritto dal Piano Nazionale
TRENTO. La giunta provinciale di Trento non prevede, nei suoi piani, le Case della Salute e Ospedali di Comunità previste dal Piano Nazionale legato ai fondi del PNRR. Lo denuncia il sindacato Cgil Funazione Pubblica.
«In Sanità, i finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono destinati ai territori per realizzare Case e Ospedali di comunità, oltre ad altri presidi di salute pubblica. Ma di questo non c’è traccia nella riforma pensata da Fugatti e Segnana. Visto che i fondi stanno per arrivare, come pensa la giunta di impiegarli? C’è in ogni caso un problema fondamentale: se il Trentino realizzerà tali presidi bisognerà affrontare il nodo del personale, già oggi al di sotto delle reali necessità organiche e stremato dalla Pandemia». Queste le domande della Funzione pubblica Cgil, col segretario generale Luigi Diaspro e la Funzionaria Gianna Colle.
I finanziamenti del PNRR per la Sanità trentina sono circa 66 milioni di euro. Di questi, 16,5 milioni sono per creare 11 Case di Comunità e 8,2 milioni per 3 Ospedali di Comunità. Ma nel piano di riorganizzazione dell’Apss non ce n’è traccia. Dunque la proposta trentina sembra ancora scollegata della missione 6 del PNRR. Tale missione prevede: rafforzamento delle attività territoriali con l’integrazione socio sanitaria, omogeneità ed equità dell’offerta dei servizi sanitari sul territorio, semplificazione e decentramento dei processi decisionali. Il tutto con Case e Ospedali di Comunità, telemedicina, digitalizzazione, apparecchiature, sicurezza degli ospedali.
Ancora: «la riorganizzazione Fugatti - Segnana prevede 3 Distretti, mentre il PNRR ne prevede uno ogni 100mila abitanti: dunque in Trentino potrebbero essere 6. Ci pare poi convincente l’ipotesi della Consulta provinciale per la Salute di prevedere 6 Case di Comunità “hub” e 10-12 Case di Comunità “spoke” da far eventualmente coincidere con gli attuali 16 ambiti delle Comunità di Valle. A tale proposito – dice il sindacato – andrebbero perciò chiarite le funzioni delle 13 Reti Professionali Locali indicate dalla Provincia: non solo i numeri sono diversi, ma anche lo strumento appare difforme. Reti di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta non potrebbero assicurare servizi multidisciplinari dalle cure primarie all’assistenza domiciliare, dai servizi sociali per le cronicità fino alla salute mentale».
Per la Cgil «Nessuna traccia neppure dei 3 Ospedali di Comunità, strutture di cure intermedie presidiate in modo prevalente da personale infermieristico, con 20 posti letto in media.
Fondamentale in ogni caso il tema del personale: bisogna assumere e ben oltre il turnover, considerando fabbisogni adeguati agli standard di qualità e sicurezza richiesti. Bisogna rivedere il sistema del numero chiuso all’università, valorizzare il lavoro con un nuovo ordinamento e un sistema di classificazione che riconosca professionalità e competenze. O si risolve questa partita, oppure la riforma darà vita a strutture che resteranno vuote».
«Se a tutto questo la Provincia non darà risposte, è lecito pensare al rischio della progressiva privatizzazione dell’assistenza, già segnalato da Fp Cgil e da tutti gli osservatori a cui sta a cuore un sistema pubblico e universale che assicuri il bene supremo della salute a tutti».