Carlo Andreotti: “O si trova la convergenza su Draghi oppure serviranno diverse tornare per avere il successore di Mattarella”
L’ex presidente della Provincia e della Regione, che ora ha 78 anni, nel 1992 era consigliere provinciale: venne nominato grande elettore in rappresentanza dell’opposizione (ogni Regione ne ha tre, a eccezione della Valle d'Aosta che ne ha uno).
«Un errore». Carlo Andreotti ricorda (con pentimento) quando votò Oscar Luigi Scalfaro presidente della Repubblica: «Lo votammo in maniera abbastanza convinta. Poi le cose sono andate diversamente». E gli scontri furono anche violenti. Motivo del contendere: l’Euregio. L’ex presidente della Provincia e della Regione, che ora ha 78 anni, nel 1992 era consigliere provinciale: venne nominato grande elettore in rappresentanza dell’opposizione (ogni Regione ne ha tre, a eccezione della Valle d'Aosta che ne ha uno). Assieme ad Andreotti c’erano Tarcisio Andreolli e Oskar Peterlini.
Presidente Andreotti, per chi votò?
Appena arrivato a Roma decisi di fare gruppo con i grandi elettori della Südtiroler Volkspartei e dell’Union Valdôtaine. Il gruppo era guidato dal senatore Roland Riz. E alla prima chiamata.... Per le prime due volte votammo Silvius Magnago.
In omaggio al padre dell’autonomia sudtirolese?
Non solo. La scelta su Magnago voleva dimostrare che c’era un gruppo, composto da otto grandi elettori, unito e con una forte identità. Otto voti che potevano risultare importanti dalla quarta votazione in poi.
E alla terza votazione?
Era chiaro che si era al “liberi tutti”. Ho votato Piercesare Moreni, che allora era il segretario del Patt. Il suo nome riecheggiò nell’aula di Montecitorio per tre volte. Quindi dalla quarta tornata in poi avete votato Scalfaro.
No. Siamo tornati su Silvius Magnago. Poi ci fu l’attentato a Giovanni Falcone e dopo quei giorni drammatici la maggioranza trovò l’accordo su Scalfaro, che votammo anche noi. Io stesso ero abbastanza convinto.
Poi lei venne eletto presidente della Provincia e puntò sull’Euregio: una politica che portò scontri accesi con Scalfaro.
Scalfaro si rivelò un nemico convinto dell’Euregio. Del resto era uno degli ultimi superstiti della Costituente ed era un uomo dell’Ottocento: riteneva che i confini della patria fossero sacri e inviolabili, non poteva nemmeno immaginare un’istituzione come l’Euregio.
Si arrivò ad accuse molto gravi.
Giorgio Napolitano, da ministro dell’Interno, riferì in Parlamento del pericolo di sommovimenti eversivi pantirolesi, che potevano trovare sostegno nell’ufficio di rappresentanza dell’Euregio a Bruxelles. La mia reazione fu molto forte, tanto che quei toni vennero rivisti.
Da presidente della Provincia diede il benvenuto a Scalfaro in Trentino.
Sì, e nel mio discorso dissi al presidente della Repubblica di lasciar crescere i propri figli più determinati, perché questo non voleva dire lasciare indietro coloro che erano più in difficoltà. Scalfaro era arrivato in Trentino nel 1995 per rendere omaggio alla cooperazione trentina in occasione del primo secolo di vita dalla fondazione, dimenticando che la cooperazione era nata quando il Trentino era ancora Tirolo.
L’elezione di Scalfaro arrivò dopo lo stop a Giulio Andreotti, che non trovò i voti sufficienti.
Sì. Ci fu un tentativo di eleggere Giulio Andreotti. Mentre lo votavano, andai da lui e gli dissi: Giulio, guarda che stanno votando me. Lui mi rispose con una battuta: sei troppi giovane per fare il presidente della Repubblica.
Chi sarà il prossimo presidente?
O si trova la convergenza su Mario Draghi oppure serviranno diverse tornate per eleggere il presidente della Repubblica.
Berlusconi?
Dubito. L’unica alternativa a Draghi è la conferma di Sergio Mattarella, che potrebbe andare avanti fino alla fine della legislatura, per poi lasciare allo stesso Draghi.
Pierferdinando Casini?
Non credo, anche perché il centrodestra mi sembra convinto ad insistere su Berlusconi. Di sicuro non sarà una bella cosa arrivare alle elezioni del nuovo presidente con i grandi elettori così divisi.
Lei oggi in quale partito si riconosce?
Io sono rimasto fedele al vecchio spirito autonomista, dal quale si è allontanato il Patt, e mi riconosco negli Autonomisti Popolari, del quale fanno parte molte persone preparate, come Roberto Bosetti, Barbara Balsamo e Michele Condini. È un partito europeista, che crede nell’Euroregione, che vuole valorizzare l’autonomia e l’identità del Trentino.
Il Trentino è in crisi di identità?
Oggi in Trentino manca una certa attenzione a questo valore. Sentono più l’identità le tante nazioni che sono ospitate dal Trentino che i trentini stessi. Ma lo stesso vale anche per l’identità toscana, quella romana o quella meridionale: tutte più forti di quella trentina.
La Lega l’ha delusa, dal punto di vista della difesa dell’autonomia? Oggettivamente la Lega non poteva fare di più. Il presidente Fugatti ha dovuto affrontare Vaia e il Covid: non puoi imputare grosse colpe al suo governo. Sul fronte dell’insegnamento della nostra storia nelle scuole poteva essere fatto di più, questo sì.
A proposito degli Autonomisti popolari: il presidente del Consiglio Walter Kaswalder si dovrà dimettere se il licenziamento del suo ex segretario particolare, Walter Pruner, verrà dichiarato illegittimo.
Certo, Kaswalder ha avuto parecchie difficoltà da questa vicenda, e non è escluso che ne potrà avere molte altre.
Lei li conosce bene entrambi. Da che parte sta?
Dico questo: Pruner o non doveva essere assunto o non doveva essere licenziato, dopo l’assunzione.