Obbligo di green pass base per i clienti, tabaccai sul piede di guerra
Anche in Trentino monta la protesta con l'avvicinarsi della scadenza del 1° febbraio, quando scatterà la nuova normativa. «Abbiamo rischiato la vita rimanendo sempre aperti nelle fasi più dure dell'emergenza, senza vaccini né certificazioni, mentre ora ci viene detto che non siamo essenziali. Senza contare che nei nostri locali ogni cliente resta per pochissimo tempo». Si cerca una trattativa con il governo e non si esclude lo "sciopero"
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TRENTO. In prima linea nelle fasi più dure della pandemia, senza vaccini o green pass a tutelarli, ma ora inseriti tra i "servizi non essenziali".
Sale la rabbia dei titolari delle tabaccherie e delle edicole trentine, che fanno fronte comune contro la scelta del governo di classificare queste attività tra quelle che, dal prossimo 1° febbraio, saranno costrette a controllare la certificazione verde (green pass base) ai propri clienti.
Tra i motivi del dissenso, anche le "tempistiche" del servizio: la permanenza media della clientela in questi negozi infatti è limitatissima, addirittura quantificata in meno di un minuto nel 90% dei casi. Sarebbe dunque maggiore il tempo impiegato per i controlli rispetto a quello per completare l'acquisto.
«Impossibile pensare che i giornali e la libera informazione non siano servizi essenziali - ha spiegato Mauro Masciadri, situato nei pressi di piazza Centa e della chiesa di San Martino. - Sulle notizie si fonda la democrazia stessa, inoltre dobbiamo ricordarci che in certi supermercati vi è anche la vendita dei giornali. È chiaro quindi come le nostre attività vengano fortemente penalizzate. E poi, come effettuare i controlli? A parte qualche cliente abituale, nel mio negozio entrano più 80 persone al giorno, monitorare tutti gli accessi non è fattibile. Abbiamo rischiato la vita nelle fasi più dure dell'emergenza, senza vaccini né certificazioni, mentre ora ci viene detto che "non siamo essenziali"».
Parole alle quali hanno fatto seguito quelle di altri colleghi, come i titolari del tabacchino in piazza Duomo: «Un provvedimento inaccettabile, che ci preoccupa e ci complica ulteriormente il lavoro. Il nostro negozio è piccolo, entra una persona per volta, se dovessimo controllare il green pass a tutti diventerebbe ingestibile ma, di contro, se prendessimo una multa perderemmo l'incasso di tutta la settimana. Inoltre, non siamo essenziali? Si pensi a questo: la spesa si può portare a casa, ma se lo faccio con le sigarette diventa contrabbando. È una situazione ingestibile, stiamo impazzendo».
Ed anche spostandosi dal centro lo scenario non cambia, come ha ammesso da Sabrina Giuliani di Ravina: «C'è un forte malcontento generale, ovviamente alla luce dell'obbligo di controlli che davvero non capiamo. Anche perché la norma non va ad intaccare i servizi all'aperto, che fanno il nostro stesso lavoro. Durante il lockdown nessuno si è interessato a noi, eppure nei nostri negozi entrava una quantità enorme di gente. Da due anni ci siamo adattati all'emergenza, non consentiamo nemmeno più ai clienti di grattare i Gratta e Vinci all'interno o di aspettare i numeri del SuperEnalotto. Ci hanno lasciati allo sbaraglio durante la fase critica della pandemia, oggi invece ci obbligano al controllo del green pass senza una logica».
Ha concluso Andrea Mascheroni, del tabacchino di San Cristoforo (frazione di Pergine): «Abbiamo già delle norme in vigore fin dal principio e le facciamo rispettare in modo ferreo. Mascherine, guanti, plexiglass, igienizzanti, accessi contingentati in base ai metri quadri del negozio e distanziamenti. E poi? Se ora dobbiamo anche controllare green pass e documenti di identità dei clienti, il rischio è il blocco totale della vendita dei nostri prodotti, in un'attività dove non esistono code d'attesa o assembramenti».