Sarche, riapre il cementificio, per almeno 20 anni: produrrà 250 mila tonnellate annue. L'azienda: nuove tecnologie e controlli
Audizione in Provincia del direttore tecnico Italcementi, Rizzo, in commissione consiliare: l’impresa ha l’autorizzazione valida fino al 2028 «ma si lavorerà per averne un’altra», visto l’investimento di 5 milioni di euro. E secondo l'azienda ci saranno tremila Tir in meno nella zona dello stabilimento
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VAL DEI LAGHI. Seimilatrecento mezzi pesanti in meno e garanzie assolute in termini di controllo delle emissioni (che dovrebbero essere ridotte rispetto al 2015), per un investimento che avrà un orizzonte almeno ventennale. È stato molto chiaro martedì pomeriggio Agostino Rizzo, direttore tecnico di Italcementi, sentito dalla Terza commissione permanente del consiglio provinciale durante una nuova audizione dedicata alla riattivazione della linea di cottura nel cementificio di Sarche.
Una chiarezza basata sui numeri, per cercare di fugare dubbi e timori che dallo scorso giugno serpeggiano tra gli abitanti della zona e tra gli amministratori comunali, ma anche sulla forza data dal fatto di avere in mano una Autorizzazione integrata ambientale valida fino al 2028. Quella che il vicepresidente della Provincia, e assessore all’ambiente, prometteva di concedere solo un cambio di adeguate garanzie, senza sapere che ce l’avevano già (qui l’articolo).
La situazione attuale. Rizzo ha chiarito che oggi dal cementificio - dopo la decisione di spegnere i forni nel 2015 e mantenervi solo il centro di macinazione - escono già circa 250 mila tonnellate di cemento l'anno. La differenza, rispetto a quanto previsto per la fine di marzo, è che la produzione di cemento ora è possibile grazie all'arrivo del suo composto base (il clinker) da altri impianti del gruppo Italcementi-Heidelberg. Un approvvigionamento quantificato da Rizzo in 200 mila tonnellate di semilavorato, che viaggia su 7.000 mezzi pesanti alla volta di Sarche.
Cosa cambierà. Quando la linea di cottura sarà riaccesa, il clinker verrà prodotto direttamente a Sarche, con la sabbia della cava di Ponte Oliveti contigua allo stabilimento, per essere poi frantumato e miscelato nella realizzazione di 250 mila tonnellate di cemento, ossia lo stesso quantitativo prodotto oggi. Insomma: non arriveranno più 7.000 camion, ma solo 600 per il combustibile necessario a far funzionare l'impianto, mentre come partiranno i mezzi pesanti carichi di cemento dalla Valle dei Laghi che partono già oggi. La previsione è quindi quella di un calo del traffico di circa 6.300 mezzi, pari al 38% di quello attuale.
Emissioni, le garanzie. Oltre al tema del traffico, c'è quello delicato e molto discusso delle emissioni: perché se i camion caleranno, rispetto a oggi aumenteranno invece le immissioni in atmosfera. Rispondendo alle domande dei commissari provinciali (Lucia Coppola, Alessio Manica, Lorenzo Ossanna, Filippo Degasperi, Alex Marini, Paolo Zanella, Ivano Job e Alessia Ambrosi) Rizzo ha spiegato che l'investimento di 5 milioni di euro previsto dal gruppo per la riaccensione contempla anche l'adozione di tecnologie che riducano al minimo gli impatti: in particolare, gli interventi in atto riguardano la riduzione degli ossidi di azoto rispetto al 2015 con la riattivazione del sistema catalitico facendo uso di ammoniaca.Inoltre, il direttore ha confermato che è prevista l'installazione di un sistema di monitoraggio continuo, 24 ore su 24 e sette giorni su sette, rispondente ai migliori standard possibili. L'obiettivo è quello di un cemento «prodotto in maniera seria e sostenibile, restando all'interno dei limiti imposti dalle normative».
La stessa Agenzia per la protezione dell'ambiente ha confermato un piano di monitoraggio a 600 meri dalla bocca del camino, considerata la distanza ottimale per le ricadute degli inquinanti.
Lo spostamento? Non è in programma. Anche se la Valle dei Laghi sta puntando sull'ecoturismo, il gruppo Italcementi-Heidelberg non ha in mente di andarsene a breve: «Lo stabilimento non è spostabile (un impianto del genere costa 100-150 milioni di euro) ma può coesistere con l'ambiente. L'investimento è medio-lungo termine, ovvero non meno di vent'anni».
L'Aia scadrà nel 2028, la concessione mineraria nel 2024, ma si lavorerà ai loro rinnovi.