Aumento del costo delle materie prime e bollette alle stelle: pizzerie e ristoranti, prezzi su
Marco Fontanari, presidente dei ristoratori trentini: «Alcuni ritocchi ci sono già stati e altri ci saranno. Sta poi alla sensibilità del singolo imprenditori capire quanto quegli aumenti porteranno benefici e quanto rischieranno di far perdere la clientela»
CASO I panificatori: "Forni a rischio chiusura"
INTERVISTA «Inutile fare scorte. Poi che ci fate con 5 kg chili di farina?»
TRENTO. Tutta una questione di bilanci: ci sono quelli delle famiglie (che riguardano anche chi è dipendente di un ristorante o di una pizzeria) e ci sono quelli delle aziende della ristorazione. Se il classico pizza e birra ci costa uno o due o tre euro in più, una persona rinuncerà ad andarci? O semplicemente andrà, ma una volta in meno nell'arco di un mese? E se non ci andrà è per colpa di quei due euro in più o dei venti in più per fare il pieno e cento in più per pagare la bolletta? Il tema è enorme: riguarda il settore agroalimentare e l'economia, ma anche il turismo e la società in generale.
«Il mondo è cambiato. Dobbiamo saperci adattare tutti ed essere camaleontici. Dobbiamo cogliere i segnali e agire», riflette Marco Fontanari, presidente dei ristoratori trentini. Il punto di partenza è una domanda, se vogliamo, banale: la pizza o il piatto di pasta ci costeranno di più? «Alcuni ritocchi ci sono già stati e altri ci saranno. Sta poi alla sensibilità del singolo imprenditori capire quanto quegli aumenti porteranno benefici e quanto rischieranno di far perdere la clientela. È un gioco di equilibri e di scelte. D'altra parte è nostro compito adottare una politica di gestione aziendale corretta: al di là della passione che ognuno mette nel proprio lavoro, i conti devono tornare, i bilanci aziendali devono essere in ordine. Il personale deve essere pagato».
In concreto le strade per combattere l'aumento dei costi, dalle materie prime (la farina la usano anche cuochi e pizzaioli, non soli panificatori) all'energia passando per il gasolio, sono due. «È semplice: o si diminuisce il margine di guadagno o si aumentano i prezzi per l'utente finale, ovvero il cliente. E siccome i margini sono già risicati, nella ristorazione, anche se lentamente, i prezzi sono in aumento. Siamo in una fase importante: la ripartenza, la ripresa, la pandemia che fa meno male e il tentativo di incentivare la gente a uscire di casa . Il tutto con una spinta fortissima dell'inflazione, fino al 6%, e appunto l'aumento dei prezzi, iniziato ben prima dello scoppio della guerra. Ci vuole una riflessione generale, per capire quanto incida la speculazione in tutto questo. La capacità di spesa dei cittadini non va di pari passo con la crescita dei prezzi».
L'analisi di Fontanari va oltre all'aumento sul menù. «Non è questione di quanto costa una margherita: la ristorazione è accoglienza, è servizio, è far star bene le persone. Tutto questo deve incidere nell'euro in più sul costo di una pizza. Bisogna sburocratizzare, bisogna investire in rinnovabili, non bisogna più vedere campi incolti. L'agroalimentare va rimesso al centro: sentiamo spesso dire che abbiamo delle eccellenze enologiche e gastronomiche, ma poi non adottiamo politiche che danno valore a tutto questo. Su tutto questo è necessaria una riflessione».