Pediatra contro l’Azienda sanitaria del Trentino: «No ai turni negli ospedali di valle»
In primo grado il giudice del lavoro ha dato ragione all'Azienda ma l'avvocato Stefano Giampietro, che rappresenta il medico, ha presentato ricorso in appello e la causa è stata fissata per il 7 luglio
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ROVERETO. Non solo chi deve essere assunto è restio a partecipare ai concorsi per gli ospedali di valle, ma anche molti di coloro che sono già in organico nelle sedi principali, e sono chiamati a coprire i turni in periferia, non gradiscono questo obbligo.
É il caso, ad esempio, di un pediatra che lavora a Rovereto e ha fatto causa all'Azienda sanitaria ritenendo la clausola integrativa che gli era stata fatta firmare al momento del contratto e che prevedeva turni anche all'ospedale di Cles, illegittima. In primo grado il giudice del lavoro ha dato ragione all'Azienda ma l'avvocato Stefano Giampietro, che rappresenta il medico, ha presentato ricorso in appello e la causa davanti al giudice del lavoro è stata fissata per il 7 luglio.
Il pediatra era stato assunto a dicembre 2017 e aveva scelto come sede Rovereto e in subordine Trento. Il neospecializzato, però, per evitare di dover rimborsare alla Provincia i 70 mila euro della borsa di studio provinciale che prevede l'obbligo per chi la riceve di lavorare per un certo periodo in Trentino, aveva dovuto firmare anche la clausola integrativa che stabilisce che il soggetto possa essere chiamato a lavorare nell'ambito del dipartimento pediatrico, in tutte le sedi del servizio ospedaliero provinciale. La conseguenza è che per tre turni al mese, in questi anni il pediatra è stato chiamato a lavorare a Cles.
Secondo l'avvocato però, questa norma è illegittima innanzitutto perché il bando di concorso per il quale il pediatra ha partecipato prevedeva espressamente come unica sede quella di Rovereto, così come il provvedimento del direttore dell'Azienda sanitaria di approvazione della graduatoria. Anche il contratto di lavoro indicava come unica sede quella di Rovereto e anche il contratto collettivo di settore non prevede «in alcun modo qualsivoglia forma di mobilità obbligata del dirigente medico ovvero assegnazione obbligata anche provvisoria ad altre strutture diverse da quelle di assegnazione del dirigente medico».
Secondo il legale la clausola integrativa è annullabile in quanto sottoscritta per paura "di un danno ingiusto e notevole", ossia la non conclusione del contratto di lavoro che avrebbe comportato l'obbligo di restituzione della borsa di studio. Nel ricorso il legale fa poi presente che i turni in altra sede, secondo quanto indicato nella clausola, avrebbero dovuto favorire lo sviluppo delle competenze. In realtà, secondo quanto dichiarato dal professionista stesso, all'ospedale di Cles viene svolta, un'attività minimale priva di approfondimenti professionale in quanto le urgenze pediatriche vengono subito dirottate a Trento. Inizialmente c'era stato un tentativo di conciliazione tra le parti che però non è andato a buon fine.
Nel primo grado di giudizio, come detto, il giudice del lavoro ha ritenuto infondata la richiesta del pediatra e quella di un collega che poi, anziché proseguire la sua battaglia per via legale, ha deciso di dimettersi per dedicarsi alla libera professione.
Un chiaro esempio di come, scaduti i tempi in cui i laureati che hanno ottenuto la borsa di studio sono obbligati a collaborare con l'Azienda sanitaria trentina, laddove non hanno interessi nelle valli dove hanno sede gli ospedali periferici, cerchino di sviluppare altrove le loro professionalità.