Norma dei 10 anni per i bonus bebé, la giunta condannata dalla Consulta, ma va avanti
Bocciata con il voto decisivo di Cia la proposta di Olivi per riportare il termine a 2 anni. Il duro attacco di Acli e sindacati: «E’ chiara la volontà discriminatoria, questa giunta è miope»
CONSULTA La censura della Corte Costituzionale
SENTENZA La Provincia battuta anche in Tribunale a Rovereto
TRENTO. La Quarta Commissione del consiglio provinciale ha respinto ieri, al termine di un acceso dibattito il disegno di legge di Alessandro Olivi sul bonus bebè, con i tre voti contrari dei rappresentanti di centrodestra Claudio Cia (FdI), Katia Rossato (FdI) e Mara Dalzocchio (Lega) e i tre a favore di Olivi (Pd, presente al posto del collega Luca Zeni), Paolo Zanella (Futura) e Paola Demagri (Patt). In discussione era il disegno di legge 104 di Olivi che propone di modificare le norme provinciali sul l'assegno unico e in particolare sul bonus bebè a sostegno delle famiglie.
Il no della maggioranza ha prevalso in virtù del voto del presidente, Claudio Cia, che vale doppio. Il testo, formato da due articoli, prevede di ridurre da 10 a 2 anni il requisito richiesto alle famiglie per poter chiedere e ottenere il cosiddetto bonus bebè, introdotto con una legge provinciale voluta dalla Giunta Fugatti. La questione ha aperto lunghe polemiche in passato, oltre ad essere stato oggetto di decisioni giuridiche che ne hanno messo in discussione la legittimità.
Ieri, terminata la seduta, Olivi ha preso una dura posizione, sostenendo che i membri della maggioranza hanno votato contro seguendo il dettato della Giunta: «Nonostante le sollecitazioni trasversali della comunità, una proposta costruttiva dell'opposizione e il responso del Tribunale di Rovereto che, richiamando le recenti sentenze della Corte di giustizia europea del 2 settembre 2021 e della Corte Costituzionale (la numero 19 del 2021), ha affermato la "natura discriminatoria" della condotta della Provincia nel diniego dell'assegno di natalità alle famiglie che non hanno la residenza decennale in Trentino».
Olivi ha spiegato che il suo disegno di legge proponeva che anche in Trentino fosse applicato il requisito dei due anni di residenza, come vige nel resto d'Italia per l'assegno universale alle famiglie con figli. «Molti sono stati i soggetti che hanno espresso parere favorevole nelle audizioni sul disegno di legge: le Acli, i sindacati, le Comunità di accoglienza, le Associazioni familiari, l'Ordine degli psicologi, il Cal e, non da ultimo, la Diocesi di Trento che espressamente ha fatto pervenire alla commissione legislativa il proprio parere affermando di "ribadire la posizione a favore di una reale uguaglianza dei diritti dei bambini e dei rispettivi genitori, siano essi trentini da lungo tempo o siano essi nuovi trentini".
La norma pervicacemente voluta dalla Giunta provinciale, che esclude dall'accesso al bonus di natalità le famiglie non residenti in Italia da almeno 10 anni, costituisce invece l'ennesima discriminazione che offende la reputazione della nostra Autonomia che si è sempre contraddistinta in passato per riforme sociali che hanno promosso integrazione, inclusione e un welfare innovatore. Colpire le famiglie e i bambini non "puramente trentini" pensando di raccattare qualche voto equivale a fare violenza alla cultura solidale del Trentino». Olivi ha garantito alle associazioni che continuerà il suo impegno sul bonus bebè.
Acli e sindacati contro la giunta.
"Non ci sono più dubbi: la volontà di discriminare i cittadini stranieri, compresi i bambini che nascono in Trentino da mamme e papà extracomunitari, è la cifra politica di questa Giunta e di questa maggioranza provinciale.
Non si spiega altrimenti la scelta ostinata e miope di continuare ad imporre i dieci anni di residenza per accedere alle misure di sostegno alle famiglie, assunta dalla quarta commissione del Consiglio provinciale".
Lo affermano - in una nota congiunta - i segretari di Cgil, Cisl, Uil del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti, assieme al presidente delle Acli trentine, Luca Oliver.
"Nessuno ha intenzione di trasformare il Trentino nella terra dei bonus per tutti come vorrebbe far credere la propaganda leghista: questa è una questione di civiltà, perché non si fanno differenze tra bambini già dalla culla, ma anche di lungimiranza politica. Non favorire processi di integrazione mina la coesione sociale della nostra comunità e il prezzo, per tutti, sarà altissimo", scrivono gli esponenti delle organizzazioni sindacali.