Così il Sait ti licenzia dopo 33 anni (e ti allontana dal posto di lavoro se ci vai)
Il racconto di Silvano Chistè: non aveva ricevuto la lettera, così è andato al magazzino come ha fatto negli ultimi 33 anni della sua vita. Due ore umilianti, alla fine gli hanno concesso di prendere la roba dell’armadietto (ma «sorvegliato a vista»)
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TRENTO. «Licenziato, dimenticato, umiliato». Dopo 33 anni è questo le sensazioni vissute ieri mattina in meno di un paio d'ore da Silvano Chistè, uno dei 60 magazzinieri lasciati a piedi dal Sait.Dopo il mancato accordo di venerdì alle 12 tra azienda e lavoratori, sabato mattina i lavoratori di turno hanno ricevuto le prime lettere di licenziamento. Che evidentemente, Sait al più tardi aveva fatto preparare venerdì pomeriggio. Altri hanno ricevuto telefonate o messaggi da parte dell'azienda con l'indicazione che il licenziamento sarebbe scattato dal 31 agosto (primo settembre), ma che erano comunque esentati dal presentarsi al magazzino nei giorni precedenti.
«Nel mio caso - spiega Chistè -, nessuna comunicazione. Così io, che da qualche anno lavoro part time dal martedì al venerdì dalle 6.30 alle 12.30 stamattina (ieri per chi legge, ndr) mi sono regolarmente recato in via Innsbruck in tempo per cambiarmi e cominciare il turno. Sapevo benissimo di essere tra i licenziati, ma non avendo avuto nessun cenno mi sembrava giusto presentarmi al lavoro, in segno di rispetto verso un'azienda per cui lavoro da 33 anni».«Alle 6.15 - continua il suo racconto - sono ai cancelli: mi lasciano entrare e parcheggio in garage. Appoggio il badge per entrare in magazzino ma il lettore indica rosso: il guardiano mi dice che i tesserini dei licenziati sono già stati smagnetizzati. Chiamo il mio responsabile, uno della decina di persone del magazzino che ha mantenuto il lavoro, e mi si dice di aspettare l'arrivo del dottor Masè, capo del personale. Questi arriva alle 7.50, gli spiego che non mi è arrivata lettera. Lui si scusa per la dimenticanza, mi ribadisce il licenziamento e mi dice che non è affatto bello per lui consegnare quelle lettere».
«Figurarsi per me riceverla, dopo 33 anni di lavoro» si sfoga al telefono Chistè. «Una brutta sensazione quella di sentirsi dimenticato dopo una vita in quell'azienda». Ma quello che è peggio, per l'animo sensibile di Chistè, è quello che succede dopo.
«Con la lettera in mano chiedo di poter svuotare il mio armadietto. Vengo preso in custodia da due ormai ex colleghi, anche loro imbarazzati, e vengo accompagnato all'armadietto come fossi un sorvegliato speciale. Ho preso le mie cose e me ne sono andato: la fine ingloriosa di 33 anni di Sait. Mai mi sarei aspettato un'umiliazione tale sul posto di lavoro».
Nessuna valutazione sull'esito del lungo procedimento tra azienda, sindacati e lavoratori, ma certo non dev'essere bello dopo tanti anni chiudere la propria esperienza lavorativa senza nemmeno poter guardarsi intorno per l'ultima volta e salutare i colleghi. «Ormai - la constatazione di Chistè - ci si può aspettare questo e altro. Ci hanno offerto 10mila euro per non opporci al licenziamento e l'hanno fatto in extremis, pretendendo che decidessimo all'istante senza nemmeno poter organizzare un'assemblea tra noi. Il lavoro in azienda non manca, non c'era bisogno di eliminarci. Parlare di motivi organizzativi è solo un pretesto: conviviamo da 10 anni con Movitrento».