Bypass ferroviario: i terreni ex Sloi non saranno usati come deposito dei materiali di scavo
Arriva la conferma della rinuncia da parte di Rfi a quanto previsto nel piano originario, saltano anche i due sottopassi pedonali nelle aree inquinate. Ma ora non è chiaro dove sarà portato il materiale estratto dalla Marzola per fare il tunnel
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TRENTO. I terreni ex Sloi non verranno utilizzati come deposito dei materiali di scavo della circonvallazione ferroviaria.
Una delle parti più problematiche e contestate del progetto di Rfi sparisce dall'orizzonte. Il Progetto di fattibilità tecnico economica aveva individuato i sei ettari dell'ex Sloi come ideali per depositare il materiale di scavo estratto dalla Marzola, nonostante il pesante inquinamento del sottosuolo.
Visto quell'ampio terreno inutilizzato proprio al margine settentrionale del futuro cantiere, che in quella zona di Trento Nord prevede l'affiancamento dei due nuovi binari alla linea storica, i progettisti avevano pensato di ricoprire l'area con un capping di 30 centimetri di sabbia e tessuto-non tessuto per poi depositare e vagliare i terreni di scavo (1 milione e mezzo di metri cubi stimati) prima di inviarli alle destinazioni finali.
La scelta progettuale aveva sollevato diverse perplessità, anche da parte del Ministero della transizione ecologica che aveva chiesto chiarimenti. E nel marzo scorso la commissaria straordinario per il quadruplicamento della ferrovia del Brennero, Paola Firmi, aveva ipotizzato la possibile rinuncia a usare quei terreni.
Ora quell'ipotesi appare per la prima volta messa nero su bianco in uno dei documenti, datato giugno 2022, che Rfi ha depositato al Tar per rispondere al ricorso presentato da un gruppo di cittadini e che erano rimasti finora riservati.
«Il sistema di capping previsto a tutela dei lavoratori - scrivono i progettisti rispondendo alle osservazioni - non verrà più effettuato perché l'area di deposito/stoccaggio dei rifiuti/materiali verrà realizzata al di fuori del sito di interesse nazionale di Trento nord e di aree contaminate».
Dove verrà poi realizzata tale area non è dato sapere e dovrà essere l'impresa che si aggiudicherà l'appalto a individuarla.
«È un risultato positivo, frutto della iniziativa di lotta dei comitati» commenta Elio Bonfanti, uno dei principali contestatori dell'opera. Ma potrebbe non essere estranea alla decisione anche la posizione dei proprietari dei terreni ex Sloi. Allegata alla documentazione depositata in tribunale compare infatti anche una lettera di Tim srl, firmata da Michele Albertini, che il 12 aprile scorso scrive a Rfi per sottolineare il rischio di interferenze del progetto con i programmi di sviluppo edilizio sull'area.
Quella lettera conferma poi la contrarietà di Albertini e della Tim srl a far entrare sulla proprietà privata i tecnici per compiere una campagna di indagine sulle emissioni da soil gas preventiva all'intervento, mentre esprime interesse ad una proposta avanzata da Ambiente spa, consulente di Rfi, di eseguire misure in aria tramite camere di flusso. (È un'indagine non invasiva, di rapida esecuzione i cui risultati potranno essere affiancati alle misurazioni del soli gas del 2015 che mettiamo a disposizione, spiega nella lettera Albertini).
Dai nuovi documenti prodotti da Rfi emerge anche come i progettisti abbiano corretto un marchiano errore contenuto nella prima versione del progetto, laddove si dava per già effettuata la bonifica della roggia Armanelli, interna alla ex Sloi. Ora si rimettono i tasselli al loro posto e si spiega come effettivamente così non è e come quell'area, accanto alla sede ferroviaria, verrà ripulita.
Spariscono dal progetto i due sottopassi pedonali che avrebbero dovuto mettere in collegamento sotto i binari le aree ex Sloi ed ex Carbochimica, anche nell'ottica di una futura fermata ferroviaria. Questo fa si che il materiale inquinato da scavare e portare via diminuisce, essendo limitato a un metro di scotico dove verranno spostati i binari della linea storica: «Saranno rimossi 2.163 metri cubi di materiale inquinato, di cui 472 per il rifacimento della nuova Fossa Armanelli» scrive Rfi. Che in un altro documento assicura poi che, se ritenuto necessario per non pregiudicare la futura bonifica integrale, si scaverà anche più in profondità, salvo poi ricostituire una base su cui appoggiare i binari con terreni puliti.
Questo approccio minimalista continua però a non convincere Bonfanti, che da un lato fa presente come in quella zona l'inquinamento arriva fin o a 15 metri di profondità e dall'altro continua a considerare una pericolo il fatto che Rfi voglia scavare, pochi metri più a est, fino ad una profondità di 8 metri sotto il piano campagna, per posare lì, in trincea, i nuovi binari: «Rfi continua a considerare i terreni sotto l'attuale ferrovia - protesta Bonfanti - come non inquinati nonostante non siano mai stati analizzati e fa finta di non vedere che questo scavo si riempirà d'acqua».
Acqua proveniente dai terreni vicini e che quindi dovrà essere smaltita in discariche speciali. Di più: contesta anche l'altra novità annunciata da Rfi, cioè l'intenzione di realizzare una soletta di cemento anche per mettere una base solida e facilitare quello scavo, sul modello in uso in questo momento nella bonifica del rio Lavisotto. «Un jet grounding a quella profondità è quantomeno ardito - contesta Bonfanti - perché è tutto da dimostrare che a quella quota, con quella pressione e con quelle dimensioni, sia possibile».