Desertificazione sanitaria, il Trentino Alto Adige fra le nove regioni più colpite
In molte aree italiane la situazione è pesante, secondo il report presentato da Cittadinanzattiva
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TRENTO. La carenza di medici e infermieri attraversa tutta l'Italia, ma nelle aree interne del Paese, caratterizzate dalla difficoltà di accesso ai servizi, assume i contorni di una "desertificazione sanitaria".
Se il sovraffollamento negli studi dei pediatri è maggiore in alcune province del Nord, la carenza di ginecologici ospedalieri a Caltanissetta è 17 volte peggiore rispetto a Roma.
Sono 39 le province più in sofferenza e si concentrano in 9 regioni. A fornire la mappa è il report presentato da Cittadinanzattiva, nel corso dell'evento 'Bisogni di salute nelle aree interne, tra desertificazione sanitaria e Pnrr', basato su dati ufficiali del Ministero della Salute relativi al 2020.
Dai paesini dell'Appennino o alpini a quelli della costa calabrese, fino quelli dell'entroterra sardo e ligure, le aree interne rappresentano circa il 53% dei Comuni italiani (4.261), ospitano un quarto della popolazione.
Tenendo presente le 39 province dove gli squilibri tra numero professionisti sanitari e cittadini sono più marcati, sono 9 le regioni più colpite: Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Lodi, Milano) e Piemonte (Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli); seguono Friuli Venezia Giulia e Calabria con 4 province a rischio desertificazione sanitaria quindi Veneto, Liguria ed Emilia Romagna con 3 province ciascuna; Trentino Alto Adige e Lazio con 2. Nel dettaglio, in provincia di Asti ogni pediatra di famiglia segue 1.813 bambini a fronte di una media nazionale di 1.061.
A Bolzano ogni medico di medicina generale segue in media 1.539 cittadini a fronte di una media nazionale di 1.245 pazienti.
Nella provincia di Caltanissetta c'è un ginecologo ospedaliero ogni 40.565 donne mentre Roma vanta la situazione migliore, con uno per 2.292.
Considerando invece i cardiologi ospedalieri, la situazione nella Provincia Autonoma di Bolzano è 70 volte peggiore rispetto a Pisa, con un professionista ogni 224.706 abitanti a fronte di uno ogni 3.147. Anche se l'Azienda sanitaria dell'Alto Adige (Sabes) interviene sui dati presentati. "Nello studio si legge che nella Provincia di Bolzano c'è un cardiologo ospedaliero ogni 224.706 abitanti. Visto che l'Alto Adige ha 533.000 residenti, questi significherebbe che in tutta la Provincia ci dovrebbero essere appena due cardiologi. E' evidente che non è così".
"Le riforme previste dal Pnrr potranno avere gli effetti sperati se all'investimento sulle strutture si affiancherà un adeguato investimento sul personale", afferma Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. Un aiuto importante, ha detto Francesco Gabbrielli, direttore Centro nazionale per la telemedicina dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), "può arrivare dall'uso di dispositivi tecnologici per migliorare la riabilitazione, il monitoraggio e il consulto medico a distanza. Ma questa presuppone che la banda larga venga portata nelle aree poco raggiungibili e che gli operatori sanitari accolgano la necessità di una formazione continua". Il problema dei 'deserti sanitari' nelle aree interne del Paese potrebbe in parte esser colmato dai fondi messi a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma per ora la risposta non sembra molto coincidere con il fabbisogno.
Secondo l'analisi Cittadinanzattiva, realizzata nell'ambito del progetto europeo Ahead (Action for Health and Equity: Addressing Medical Deserts), su 1.431 Case della Comunità solo il 16% sarà realizzato in queste aree, mettendo a rischio di sguarnimento totale alcune zone di Liguria e Valle D'Aosta. "Occorre dislocare gli spazi di salute rafforzando le aree deboli - afferma Anna Lisa Mandorino - e tenendo conto della natura dei territori e non solo del numero di abitanti. Per questo, in occasione della Giornata europea dei diritti del malato, il 18 aprile, promuoveremo una mobilitazione per una riforma dell'assistenza che sia davvero a misura dei territori".