Discarica abusiva di Villa Agnedo, a processo due funzionari provinciali e gli amministratori
L'udienza è fissata a giugno prossimo. Le accuse vanno dal traffico illecito di rifiuti, all'aver consentito la realizzazione di una discarica abusiva, dalla rivelazione di atti d'ufficio ad altri reati ambientali. La discarica aveva terminato l'attività di smaltimento nel 2005, con esaurimento della capacità ricettiva
VILLA AGNEDO. Due funzionari provinciali e due amministratori della società Sar.Pa. sono stati rinviati a giudizio nell'ambito dell'indagine sul traffico illecito di rifiuti. Il "caso" è quello della discarica abusiva di Villa Agnedo, sequestrata dai carabinieri del Noe nel novembre 2021. Rifiuti non pericolosi, è bene precisare, ma conferiti in un'area inserita nel "Parco ambientale del Brenta", area a tutela ambientale situata alla confluenza del fiume Brenta e dei torrenti Maso e Chieppena.
Secondo l'accusa nella discarica, chiusa nel 2005 e riaperta fra il 2008 e il 2012, sarebbero stati portati oltre 75mila quintali di rifiuti, una parte inquinati, che non avrebbero dovuto essere conferiti lì. Il gup Enrico Borrelli ha rinviato a giudizio i funzionari provinciali Giancarlo Anderle e Alessandro Moltrer, e gli amministratori di Sar.Pa. srl (società che gestisce la discarica) Alessandro Dolfi e Moreno Zuccatti.
L'udienza è fissata a giugno prossimo. Le accuse vanno dal traffico illecito di rifiuti, all'aver consentito la realizzazione di una discarica abusiva, dalla rivelazione di atti d'ufficio ad altri reati ambientali. La discarica aveva terminato l'attività di smaltimento nel 2005, con esaurimento della capacità ricettiva.
Nessun altro conferimento sarebbe stato possibile. Invece secondo l'accusa, tra dicembre 2008 e il 2012 vennero emessi «due provvedimenti accertati essere del tutto illegittimi, attuati da altrettanti dirigenti dell'Appa consapevoli della divergenza dei loro atti dalla normativa in materia che autorizzavano prima la riapertura della discarica e poi il conferimento di nuovi rifiuti per la realizzazione della copertura e la riapertura di fatto della discarica».
Tali provvedimenti, per gli inquirenti, avrebbero consentito di «procrastinare a tempo indefinito i termini per la chiusura del sito e recuperare ulteriori 130.000 metri cubi di rifiuti».