La coesistenza tra orsi ed esseri umani nei primi incontri ad Ala, 12 mila anni fa
Lo studio «Bears & Humans Project» è stato svolto dal Muse di Trento in collaborazione con diversi centri universitari nazionali per analizzare il rapporto dei plantigradi con le popolazioni locali
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TRENTO. La coesistenza tra orso ed esseri umani si perde nella notte dei tempi. La prima traccia di questo, non sempre facile, rapporto, in Trentino Alto Adige è stata rinvenuta nei pressi di Ala dove sono state trovate le tracce di una caccia con arco e frecce di ben 12 mila anni fa.
È questo uno degli aspetti più interessanti scaturiti dal progetto Bears&Humans, che ha considerato più di 35 depositi archeologici della regione e l’analisi di circa 600 reperti ossei. I dati e le analisi della ricerca, promossa e co-finanziato da Muse, Museo delle Scienze e Fondazione Caritro, ha visto il coinvolgimento delle Università di Siena, Università di Tübingen, Università degli Studi di Milano, Università di Torino, Università La Sapienza di Roma e delle Soprintendenze per i beni culturali di Trento e Bolzano, sono stati presentati giovedì 23 febbraio nel corso di una conferenza stampa.
Insieme all'Abruzzo, solo il Trentino vanta un'associazione forte e simbolica con questo animale, sodalizio reso ancora più forte nel nostro territorio grazie alle ricerca degli anni Sessanta e Settanta del professor Gino Tomasi a cui il Muse deve molto. Il rapporto tra orso e Trentino è sottolineato anche dal fatto in provincia sono sopravvissuti gli ultimi tre orsi risalenti a quella popolazione antica di orsi presenti in Europa da almeno 250 mila anni.
Il tema della ricerca è stato l'evolversi della difficile convivenza tra uomo e orso nel corso di 10.000 anni: dal paleolitico fino alle società complesse dell'età del Bronzo e del Ferro. Gli autori della ricerca, Nicola Nannini, Rossella Duches e Alex Fontana hanno collaborato con l'Università di Torino per la determinazione tassonomica del sito archeologico tramite metodologia zooMS che ha permesso la ricostruzione dell'ambiente faunistico.
Ciò ha permesso di intensificare il riconoscimento del ruolo importante della caccia di questa specie nel riparo della Cornafessa, sui monti Lessini vicino ad Ala. In questo riparo la quantità presente di carcasse di orsi è anomala rispetto a tutto il panorama paleolitico mondiale. Anche la tipologia di ossa ritrovate è risultata particolare. Solitamente, infatti, per gli animali di grossa taglia, è comune ritrovare nei siti solo arti e crani. Qui a Cornafessa è stato rinvenuto il risultato opposto, la presenza di numerosi reperti di tronco degli orsi. Questo risultato non comune dimostra come il rifugio della Cornafessa sia stato un primo luogo di trattamento delle carcasse, precedente all'esportazione successiva.
Sempre con l'Università di Torino si è cercato di discriminare il sesso degli orsi bruni. Gli orsi hanno grande variabilità di costituzione ossea tra esemplari maschi ed esemplari femmina, è molto complicato quindi discriminare il sesso di un orso a partire dai soli reperti ossei. Si è cercato di determinare il sesso di questi orsi tenendo conto della amelogenina, novità che ha aperto una nuova e interessante finestra per la ricerca nell'università di Copenaghen.
Con l'aiuto di Hervè Bocherens dell'Università di Tubingen si è indagata in modo originale, attraverso prelevamenti di collagene osseo, la variazione della dieta degli orsi nel tempo di questi diecimila anni. I risultati sono stati spiazzanti, infatti se l'aspettativa era quella di ritrovare in periodi paleolitici, più freddi, l'assunzione, da parte degli orsi, specie onnivora, di un maggiore quantitativo di proteine, quindi carne; i risultati hanno mostrato il contrario. Il livello di vegetarismo degli orsi in quei periodi dimostra essere stato anzi molto più forte degli esemplari d'orso attuali. Solo altri 3 esempi d'Europa (Germania, Svizzera e Slovenia), documentano la caccia all'orso. In questi casi si tratta di caccia all'orso attraverso la lancia.
È nei pressi di Ala, invece, che si documenta scientificamente il primo esempio al mondo di caccia all'orso con arco e freccia. Questa evidenza è stata possibile grazie al ritrovamento di una costola d'orso con un solco di 6 millimetri lasciato da una freccia e grazie a studi di paleobalistica ideati e pianificati dagli autori stessi della ricerca. Risalenti all'età del bronzo sono i denti, mandibole e crani trivellati lasciati sospesi da laccetti o da legni.
A Ledro molte evidenze di foratura di questo tipo effettuate da colpi d'accetta o paletti di legno. Forature che in questa ricerca sono state replicate attraverso varie tecniche e con l'utilizzo di repliche di strumenti utilizzati 4000 anni fa su diversi tipi di target animale conservati al Muse. L'interpretazione di questi fenomeni culturali è complessa e resta incerta, la loro collocazione a volte lascia intendere un legame con contesti funebri umani.
«Da questo progetto, spiegano gli autori della ricerca, impariamo non solo nuove tecniche di ricerca scientifica ma anche quanto possa essere articolato e profondo un rapporto di convivenza tra due specie, ci permette di conoscere meglio il nostro interlocutore e quindi rispettarlo di più. Ci offre la profondità delle radici di questo rapporto e ricorda di tenerle presenti in tutte le nostre politiche di convivenza con questo animale».