Prigioniero in lager nazista, l’Avvocatura gli nega il risarcimento. Il militare, ora morto, fu detenuto 715 giorni
I familiari del soldato vicentino, deportato nel lager di Bolzano, hanno chiesto all’Italia e alla Germania un indennizzo di 78mila euro. Per l’Avvocatura la condizione di prigioniero di guerra non configura quella di deportato. La vicenda ora è al vaglio del Tribunale di Trento
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TRENTO. Era un soldato fatto prigioniero e in quanto tale, seppur deportato in un lager nazista, per l'Avvocatura dello Stato non ha diritto ad alcun risarcimento. Protagonista della vicenda un ex militare italiano, vicentino, ora deceduto, e i suoi familiari che hanno chiesto all'Italia ed alla Germania un indennizzo di 78mila euro.
Il soldato - scrive il Corriere del Veneto - era stato fatto prigioniero a Bolzano il 9 settembre del 1943 e rimasto nel campo austriaco di Kaisersteinbruch Stalag 17esimo in condizioni pessime, per 715 giorni lavorando fino a 18 ore al giorno. Per l'Avvocatura dello Stato, la condizione di prigioniero di guerra non configura quella di deportato. In caso di cattura, in quanto soldato, l'individuo entrerebbe sotto il legittimo controllo da parte del paese che lo ha in custodia. La famiglia, attraverso i propri legali, obbietta il fatto che il 9 settembre del 1943, il giorno dopo l'armistizio, il vicentino avrebbe avuto ben altro status.
La vicenda ora è al vaglio del Tribunale di Trento ed è di interesse perché in corso ci sono numerosi procedimenti di risarcimento attraverso il fondo da 50 milioni di euro varato dal Governo Draghi e rifinanziato dall'attuale esecutivo.