Assalto a casa dell'uomo che ha investito e ucciso un ragazzino a Negrar: "Ti ammazziamo"
La spedizione punitiva è stata condotta da una trentina di uomini, travisati con magliette sulla testa e bandane: hanno cercato di sfondare la porta dell'abitazione del 39enne, che è agli arresti domiciliari con l'accusa di aver travolto la sera del 31 luglio scorso il 14enne Chris Obeng Abon, fuggendo senza prestargli soccorso
LA TRAGEDIA Chris falciato da un'auto e lasciato sulla strada, i medici: si poteva salvare
TRENTO. Adesso ha paura per la propria incolumità il presunto pirata della strada ora agli arresti domiciliari con l'accusa di aver ucciso il 31 luglio a Negrar il 14enne Chris Obeng Abon, fuggendo senza prestargli soccorso.
Un gruppo di una trentina di uomini, travisati con magliette sulla testa e bandane, è arrivato fino alla porta di casa di D. B., martedì pomeriggio, 9 agosto, minacciandolo di morte e sfogando la rabbia con pugni e sassi contro l'ingresso.
L'indagato e il figlio minorenne della compagna dell'uomo, dall'interno hanno fatto da barriera, perché l'infisso non venisse buttato giù a forza.
L'appartamento, della fidanzata del 39enne, è quello in cui il piccolo imprenditore edile sta scontando i domiciliari.
Lui e il ragazzo hanno raccontato ai carabinieri di aver passato attimi di terrore. Gli uomini battevano la porta con pugni e calci, lanciavano sassi, urlando di uscire. Solo quando hanno capito che questi stava chiamando i carabinieri si sono allontanati, facendo perdere le tracce.
Al momento non risulta che qualcuno di loro sia stato già rintracciato.
Sull'episodio stanno indagando, d'ufficio, gli stessi militari dell'Arma. Sul caso dell'investimento del baby calciatore di origini ghanesi il clima è rovente da giorni.
Nell'opinione pubblica è montata un'onda emotiva sfociata con moltissimi post in cui all'automobilista viene augurato il peggio e si chiedono pene esemplari.
Il giorno successivo all'incidente, gli stessi medici avevano chiarito che Chris "sicuramente si sarebbe potuto salvare" se fosse stato soccorso in tempo.
Ma il ragazzino, con diverse lesioni, nessuna delle quali letale, era rimasto invece abbandonato per circa due ore in un fossato morendo poi in ospedale per ipossia.
D. B., fermato il giorno dopo lo schianto, mentre si trovava al lavoro, era rimasto per due giorni indagato a piede libero.
Poi il gip di Verona aveva emesso l'ordinanza di custodia, ritenendo, tra l'altro, che il 39enne avesse dimostrato "totale spregio per la vita umana, pensando solo a tutelarsi delle conseguenze della propria condotta di guida, allontanandosi dal luogo del fatto immediatamente".
A nulla è servito che l'automobilista, in sede di interrogatorio di garanzia, abbia ripetuto al giudice di non essersi accorto di aver investito il ragazzo, e di essersi allontanato solo dopo essere sceso dall'auto, una Renault Espace, e non scorto nulla nel buio della strada che facesse pensare all'investimento di una persona.
Versione che ha cambiato l'opinione del gip, che ha mantenuto la misura dei domiciliari.
Tuttavia, dopo questo raid, il difensore dell'indagato, Massimo Dal Ben, si è detto convinto che tutto ciò sia "il frutto della gogna mediatica".
I facinorosi arrivati all'ingresso della casa, allontanandosi, gli hanno urlato "ti ammazziamo", e hanno promesso che sarebbero tornati a riprenderlo, che non finiva lì.
Sia l'uomo che il ragazzino figlio della sua compagna, spiega Dal Ben, sono rimasti terrorizzati dalla cosa.
"È accaduto un fatto gravissimo" rincara il legale che ha chiesto alle autorità misure di sorveglianza e di tutela maggiori per l'indagato ed i suoi familiari.
Un episodio quello del blitz che ricorda il raid a casa del ragazzo arrestato a Roma per la morte di Michelle Causo nel quartiere di Primavalle: durante una fiaccolata per ricordare la giovane un gruppo di ragazzi ha fatto irruzione nell'appartamento, vuoto, dell'arrestato devastandolo. [Ansa]