«Lei si fidava, lui me l’ha uccisa. Rivedo Deborah in ogni vittima»
Oggi la Giornata contro la violenza sulle donne. Parla Anna Fontanari, la mamma di Deborah Saltori, uccisa nel 2021 a Cortesano dal suo compagno Lorenzo Cattoni
LA GIORNATA Sabato 25 novembre, tutte le iniziative
TRENTO. «Ogni volta è un colpo al cuore. E torno a rivivere tutto». Non strappa solo la vita della sua vittima e fa sprofondare nel dolore i suoi cari. Ogni femminicida, ogni volta, fa ripiombare nel buio anche le famiglie di tutte le altre vittime. Come Anna Fontanari, la mamma di Deborah Saltori, uccisa a 42 anni il 22 febbraio 2021 a Cortesano da Lorenzo Cattoni, suo compagno e padre di uno dei suoi figli.
Cattoni è stato condannato a 24 anni, ma non c'è giustizia che tenga: «Spero solo che non esca finché sono ancora viva, non so se potrei reggere. La mia Deborah non me la riporterà qui nessuno. Si deve andare avanti, ma niente è stato più come prima da quel giorno».
Quel giorno, Anna lo ricorda ogni giorno. E qualcuno più di altri: «Il 22 di ogni mese è ogni volta pesante. Torno al 22 febbraio di due anni fa». E questo mese il dolore è tornato a bussare pure in anticipo, sabato 18, quando era stato scoperto il cadavere di Giulia Cecchettin. «Non importa se le storie sono diverse, ogni storia è diversa. Ma ogni volta che una donna muore uccisa da persone di cui si fidava, lo strazio torna tutto».
Fidarsi. Come Deborah si fidava del suo compagno, nonostante i tanti campanelli d'allarme. La narrazione sbagliata che spesso accompagna i femminicidi porta spesso a considerare la fiducia delle vittime nei propri carnefici come una loro debolezza, un loro errore. Quando invece è solo un'aggravante per gli assassini. «Me lo chiedo spesso, come sarebbe andata se avesse voluto andare là (a Cortesano, nell'appezzamento di terra di Cattoni, ndr) accompagnata da qualcuno. Ma si fidava, si è fidata. Del resto come puoi anche solo immaginare che qualcuno con cui condividi un rapporto, con cui stai crescendo dei figli, possa ucciderti?».
Non è ingenuità delle vittime, è sopruso dei violenti: chi uccide sa di avere di fronte una persona con le difese abbassate, perché non concepisce la possibilità di essere colpita. Non la concepisce nonostante invece altri attorno a lei la valutino, la avvertano, invece, come eventualità.
I famosi campanelli d'allarme, che però spesso risuonano nella mente delle persone vicine alle potenziali vittime, ma non da loro, perché ovattati dalla fiducia appunto, o da comportamenti rassicuranti, come conferma Andrea, il fratello di Deborah: «Litigavano, lui la picchiava, poi tornava, le chiedeva scusa. E Deborah gli credeva. I segnali, i campanelli d'allarme c'erano, ma lui sapeva come farli apparire episodi isolati. Per questo di una cosa sono convinto, dopo quello che è accaduto a mia sorella: servono misure più drastiche già ai primi segnali, serve andare oltre gli ammonimenti, le diffide. Chi è violento va fermato subito».
Lorenzo Cattoni, prima del 2021 era già stato ammonito due volte dal questore di Trento per violenza domestica, perpetrata pure verso una precedente compagna. Era stato arrestato perché nei quattro anni precedenti era ricorso in più occasioni a violenze fisiche e psicologiche nei confronti dell'ex moglie: al momento del femminicidio di Deborah Saltori l'allora 39enne si trovava ai domiciliari a casa dei genitori a Nave San Rocco, con un permesso legato unicamente alla possibilità di raggiungere l'appezzamento di terreno di Cortesano per poter svolgere il proprio lavoro e contribuire così al mantenimento familiare.
Un quadro che se da un lato conferma la complessità di intervento in situazioni a rischio (le misure erano state adottate, sono abbastanza? Spesso sì, ma non sempre), dall'altro giustifica la frustrazione di chi ha perso una figlia, una sorella, a causa della violenza saputasi insinuare nelle falle di un sistema di tutela.
Ora Anna, Andrea, così come tutti i cari di Deborah Saltori, continuano a guardare avanti «anche perché ci sono i ragazzi da crescere. Invidio l'energia e la vitalità delle loro età, che rende loro più facile lasciarsi alle spalle quello che è successo. Un'energia che spesso io non ho», riflette commossa la mamma di Deborah. Avanti, anche se tutto riporta indietro. Anche il nuovo sangue versato.