Cura fatta male, il dentista deve risarcire la paziente: 14mila euro, spese legali comprese
A portare il medico davanti al giudice è stata una paziente che dopo una lunga cura all'arcata superiore, comprensiva di un delicato intervento di innesto osseo e di impianti, ha lamentato forti dolori e "materiale che colava dai denti"
TRENTO. Le richieste di risarcimento per errore medico non sono poche. Quella discussa nei giorni scorsi in tribunale a Trento è però una delle poche in cui il professionista - un dentista che lavora nella nostra provincia - non si è presentato in aula né ha fatto valere le proprie ragioni. A portare il medico davanti al giudice è stata una paziente che dopo una lunga cura all'arcata superiore, comprensiva di un delicato intervento di innesto osseo e di impianti, ha lamentato forti dolori e "materiale che colava dai denti".
La donna si era rivolta allo studio dentistico nel 2012 e le cure si erano concluse nel 2015, per un esborso di 12.350 euro. I disagi che aveva sofferto negli anni in cui si era sottoposta alle periodiche sedute dal dentista si erano aggravati nel 2017, quando il dolore all'arcata superiore si è fatto acuto. Da un esame radiologico presso un centro specializzato la donna ha appreso che c'erano "importanti problemi all'impianto" e per questo si era rivolta per un consulto ad un altro specialista: per intervenire sulla protesi sarebbero state necessarie altre costose cure, quantificate in 13.900 euro.
La donna ha dunque deciso di fare causa al dentista che le aveva fatto l'impianto, chiedendo 25mila euro per il danno patito. Al di là della mancata costituzione in giudizio del medico, che è stato dichiarato contumace, il giudice Giuseppe Barbato ha ritenuto fondata la domanda di risarcimento danni della paziente. Alla donna andranno circa 14mila euro compresi di rimborso per le spese legali e per l'accertamento tecnico e la consulenza.
Secondo il Ctu, il consulente tecnico d'ufficio, un tale intervento di implantologia non avrebbe dovuto essere fatto o, comunque, il professionista avrebbe potuto intervenire con una tecnica diversa. Il consulente ha innanzitutto premesso che i dieci anni trascorsi dall'inizio delle cure sono «un periodo piuttosto lungo nella vita di un trattamento protesico», evidenziando comunque la rischiosità dell'intervento.
«Tale progetto ha contribuito a deteriorare nel corso degli anni la componente ossea residua» e, quindi, «ha peggiorato la situazione già precaria». È stato calcolato un danno biologico permanente alla paziente pari all'1% per la perdita ossea perimplantare e un danno biologico temporaneo pari al 25% per i due giorni di malessere locale quando erano stati inseriti gli impianti.
La sensazione di cattivo sapore in bocca, sempre secondo il consulente tecnico, meriterebbe invece un risarcimento non calcolabile come danno biologico. Il giudice evidenzia nella sentenza che la paziente ha dimostrato, oltre al contratto relativo alla prestazione medica, anche che l'attività professionale del medico non è stata svolta secondo il canone della diligenza.
A quel punto sarebbe spettato al professionista dimostrare a sua discolpa di aver eseguito a regola d'arte l'intera terapia. Ma non l'ha fatto ed è stato condannato.