Non si fanno più bambini: l'indagine sulla denatalità nei comuni del Trentino
Dai paesi a zero nascite, ad una media generale di poco superiore a 1, ed anche le coppie straniere fanno meno figli, un pericolo per il nostro futuro
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TRENTO. L'avanzata della denatalità è implacabile in Trentino: tra il 2014 e il 2021 il 62% dei Comuni (in totale 103) ha visto diminuire il tasso di natalità mentre solo il 38% ha visto un aumento. Con alcuni casi limite come quelli di Palù del Fersina, Luserna e Massimeno dove nel 2021 non è stato salutato nemmeno un fiocco azzurro o un fiocco rosa.
L'analisi della situazione dei singoli Comuni (che potete trovare nell'infografica) fatta da Openpolis mette in evidenza come i cali maggiori, tra il 2014 e il 2021, si siano registrati a Mazzin, a Carzano e proprio a Palù del Fersina.
Ma l'analisi di singoli territori con pochi abitanti può cambiare fortemente da un anno all'altro, basti pensare al caso di Mazzin dove nel 2020 il tasso di natalità era di 18,57 nascite ogni 1.000 residenti mentre nel 2021 quel tasso è crollato al 3,37.
Ben altra analisi si può fare guardando i centri trentini più grandi, dove il trend di discesa è più continuo. Pergine Valsugana guida il triste primato per quanto riguarda i centri più popolosi, con un calo di 4,60 punti del tasso di natalità, passato dall'11,16% del 2014 al 6,56 del 2021 con una crescita pressoché costante anno dopo anno.
Poi ecco Arco (-3,81), Riva del Garda (-3,01), Trento (-1,20) e infine Rovereto con -0,86.
Pochi, come detto in apertura, i Comuni con un tasso di natalità positivo: il migliore è Drena (+10,23) seguito da Strembo (+7,97) e Campitello di Fassa (+7,21).Poche notizie positive, dunque. E la conferma che ormai nemmeno la spinta dei residenti stranieri riesca a fermare il trend sempre più negativo del tasso di natalità.
Un trend che ha moltissime implicazioni negative, sul medio e sul lungo periodo. Oltre al tema più generale del ricambio generazionale in un paese in progressivo invecchiamento, è in gioco infatti anche la tenuta del sistema sociale, sanitario e previdenziale.
Attualmente il 90% dei comuni italiani si trova oggi sotto il tasso di natalità medio europeo, con poche eccezioni, localizzate principalmente tra la provincia di Bolzano e le aree metropolitane di Napoli e Catania.
Nel 2011, il tasso di natalità italiano era di 9,2 nascite ogni 1.000 residenti, circa un punto in meno della media Ue (10,1). Una quota inferiore alla Francia, ma allora superiore a quella della Germania (8,3). Undici anni dopo, nel 2022, la distanza dalla media Ue è raddoppiata. Sono infatti 2 i punti che separano il dato nazionale (6,7 nascite ogni mille abitanti) da quello europeo (8,7). L'Italia è scivolata all'ultimo posto, non solo tra i maggiori paesi ma tra tutti e 27 gli stati membri.In un contesto che - va detto - vede un calo generalizzato della natalità nel vecchio continente, la dinamica italiana è stata molto più accelerata nell'ultimo decennio. Si tratta infatti del periodo durante il quale, lasciato alle spalle l'effimero picco demografico alla metà degli 2000, è divenuto più pressante il fenomeno della denatalità.
E i cittadini stranieri non riescono più a mantenere il trend a livello positivo. A conferma di questa tendenza, il tasso di fecondità, cioè il numero di figli per donna in età fertile, è calato tra le italiane (da 1,29 figli nel 2014 a 1,18 nel 2021) ma anche tra le donne di altra cittadinanza (da 2,06 a 1,87 nello stesso periodo).