Posti letto a Trento per i senza tetto, ma ci dormono camerieri e muratori «richiedenti asilo»
Per legge avrebbero diritto a una sistemazione, ma in Trentino sono esclusi. Il Comune di Trento ha aggiunto 48 posti, con la sorpresa: molti lavorano tutto il giorno e prima dormivano per strada
TRENTO. Trovare un posto letto per i richiedenti asilo è un’impresa disperata. Gli affitti anche solo per una stanza sono alle stelle, per la presenza di circa 15 mila studenti universitari che pagano fino a 400 euro al mese per un letto. E così molti di loro, che pur trovano lavoro come stagionali – ma anche come camerieri ed edili – trovano rifugio nei centri di accoglienza per i senza tetto. E prima dormivano per strada.
Lo spiega il Comune, che conferma: nel nuovo dormitorio delle Bellesini anche camerieri e muratori.
I ventiquattro posti aggiuntivi allestiti lunedì scorso nella palestra delle ex scuole Bellesini sono stati immediatamente occupati da altrettanti richiedenti protezione internazionale. In teoria, per legge, la Provincia dovrebbe garantire loro una sistemazione. In realtà in Trentino essi sono esclusi dal sistema di accoglienza provinciale.
Chiara Aliberti, volontaria dell’Assemblea antirazzista che gestisce il dormitorio supplementare messo a disposizione dal Comune, racconta che gli ospiti arrivano soprattutto dal Pakistan, dal Marocco, dalla Tunisia e, in misura minore, Egitto. Non pochi tra loro sono lavoratori. «C’è qualcuno che arriva tardi la sera, perché fa il cameriere nei locali di Trento, altri partono presto la mattina perché fanno i muratori – spiega Chiara – Lavorare quando si dorme in strada non è solo difficile, a mio parere è una condizione in netto contrasto con la Costituzione, che ci obbliga ad assicurare dignità ai lavoratori».
A questo proposito, il sindaco Franco Ianeselli, passato a ringraziare i volontari il giorno dell’apertura del dormitorio, aggiunge: «Non tutti sanno che molti richiedenti protezione internazionale presenti sul territorio lavorano. Secondo la legge, è possibile farlo passati 60 giorni dalla formalizzazione della domanda di protezione internazionale. E infatti molte persone in attesa della decisione della Commissione territoriale trovano un’occupazione nell’edilizia o nell’agricoltura o ancora nel settore della ristorazione e alberghiero, perché com’è noto il nostro territorio ha fame di manodopera. È chiaro che questo sistema è inumano perché, paradossalmente, costringe a vivere senza diritti persone che lavorano e contribuiscono al Pil provinciale. L’accoglienza trentina dovrebbe cambiare radicalmente, sia distribuendo su tutto il territorio trentino i nuovi arrivati, sia considerando i richiedenti protezione internazionale non solo come mera forza lavoro, ma come cittadini».
Nel dormitorio, aperto dal Comune in via emergenziale visto l’improvviso abbassamento delle temperature, si alternano volontari dell’Assemblea antirazzista, riferimento locale dell’associazione Melting pot Odv, e del Collettivo rotte balcaniche, formato soprattutto da studenti universitari.
La stessa Chiara Aliberti è una dottoranda in Democrazia solidale e sostenibile e si occupa di diritto all’immigrazione e diritti umani, che lei preferisce chiamare “doveri umani”.
«Tra i volontari ci sono studenti, pensionati, lavoratori – racconta Chiara – Sarebbe bello far passare l’idea che la solidarietà non è un optional, non è un segno di bontà, è giustizia, è un dovere costituzionale. È desolante pensare che questi nuovi ospiti accolti alle Bellesini dormivano tutti fuori. Quando li accompagniamo al Gris (Gruppo immigrazione e salute), i medici riscontrano spesso problemi di salute, per esempio ai reni, legati proprio all’esposizione al freddo. È incredibile che questo accada nel ricco Trentino».
I ventiquattro posti letto supplementari allestiti in palestra si aggiungono al dormitorio, sempre da 24 posti, aperto da settembre alle ex Bellesini e gestito dal Centro Astalli. In tutto i posti per richiedenti protezione internazionale finanziati dall’Amministrazione comunale sono dunque 48.
Come noto, i richiedenti protezione internazionale sono esclusi dal sistema di accoglienza provinciale.