Consiglio Provinciale: più soldi per il personale dei Gruppi, ma verifiche preventive con la Corte dei Conti
L’Aula va verso un nuovo regolamento. Anche perché, negli anni scorsi, ci sono fondi stanziati ma non utilizzati e quindi restituiti al bilancio
TRENTO. Si è riunita oggi – martedì 7 maggio 2024 – la Conferenza dei capigruppo consiliari. Tenuto conto degli aumenti approvati con il contratto collettivo provinciale degli enti locali, il presidente del Consiglio provinciale ha sottoposto al parere della capigruppo la bozza di delibera con cui l'Ufficio di Presidenza consiliare aumenterà la quota di trasferimento di fondi a disposizione dei gruppi consiliari per le spese di personale.
La Conferenza dei capigruppo ha concordato che si proceda a una preventiva interlocuzione con la Corte dei Conti di Trento, per verificare a questo punto le corrette modalità di utilizzo di questa maggiore disponibilità di fondi a beneficio dei lavoratori presso i gruppi consiliari.
Questo proprio mentre è stato reso noto il rendiconto. I gruppi del consiglio provinciale, infatti, ogni anno ricevono i finanziamenti - in base al numero di consiglieri - per pagare il personale del gruppo e per le spese, legate all’attività istituzionale, che vanno documentate. Se non riescono a spendere tutto entro l’anno l’avanzo slitta a quello successivo, fino alla fine della legislatura quando, se è rimasto ancora qualcosa devono restituire le somme al bilancio del consiglio provinciale.
Ecco dunque che i gruppi politici hanno restituito a fine 2023 quasi 880.000 euro di finanziamenti non spesi, contro gli oltre 5,7 milioni che invece sono stati utilizzati complessivamente nei cinque anni (a cui si aggiungono 92mila euro di Agire, il gruppo di Claudio Cia che dal 2021 è diventato Fratelli d’Italia, e 61mila euro spesi il primo anno di legislatura dal Movimento 5 Stelle, che dopo l’uscita di Filippo Degasperi per costituire Onda è confluito nel Misto).
Queste risorse non spese sono perciò andate a rimpolpare l’avanzo di amministrazione del 2023. La parte disponibile del risultato di amministrazione è arrivata infatti a 3.161.273 euro (mentre nel 2022 era stata di 2.814.790 euro). E questo a fronte di entrate accertate pari a 10 milioni 972 mila euro e un bilancio di previsione di 11.659.881 euro. Con l’assestamento di bilancio di luglio questa cifra in avanzo verrà reso disponibile al Consiglio.
Negli anni scorsi questo ha sempre avuto come conseguenza quella di permettere così alla Giunta di ridurre i trasferimenti finanziari annuali previsti per il funzionamento del Consiglio. Ma sul fatto che questi finanziamenti effettivamente, considerato l’avanzo, siano destinati a ridursi il presidente del consiglio provinciale, Claudio Soini, non è così netto: «Negli anni precedenti è stato fatto così, ora dovremo parlarne».
Negli anni infatti il bilancio del Consiglio si è ridotto suscitando una certa preoccupazione per la contrazione continua. Sta di fatto, tornando alle spese dei gruppi consiliari, che è evidente che o i consiglieri non riescono a spendere tutti i contributi che gli vengono anticipati ogni sei mesi dal Consiglio perché sono sovradimensionati rispetto alle necessità effettive e per pagare le retribuzioni dei collaboratori dei gruppi, oppure si deve pensare che c’entri il fatto che, dopo anni in cui non era neppure richiesto di presentare le ricevute e una rendicontazione delle spese, ora le regole sono molto stringenti.
L’entità del contributo al gruppo è stato fissato nel 2013 dal Consiglio in 5.750 euro annui per consigliere più le spese per il personale dei gruppi che ora saranno adeguate per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.
Il caso più eclatante è quello del gruppo della Lega, che effettivamente nella scorsa legislatura era il più numeroso con 13 consiglieri più il presidente della Provincia Maurizio Fugatti. È vero che nel corso della legislatura il gruppo ha perso qualche pezzo, perché se ne andarono Alessia Ambrosi (poi anche Bruna Dalpalù), e Katia Rossato, passate a FdI, e alla fine anche Ivano Job nel gruppo misto, ma è rimasto pur sempre con 11 consiglieri provinciali con la conseguenza che in cinque anni il gruppo ha speso oltre 1,5 milioni di euro per i collaboratori (i cosiddetti portaborse) e il funzionamento, ma ha restituito più di mezzo milione di euro (505 mila euro). Anche il gruppo del Partito democratico che contava quattro consiglieri provinciali si è ritrovato ad avere più soldi di quanto è riuscito a spendere, visto che sono stati restituiti quasi 110.000 euro.
Piccoli gruppi composti da un solo consigliere hanno invece risparmiato meno. Il fatto è che il regolamento consiliare prevede che «i contributi sono destinati esclusivamente agli scopi istituzionali del gruppo riferiti all'attività del Consiglio provinciale, e alle funzioni di studio, editoria e comunicazione». E soprattutto «non sono in alcun caso consentite spese per il finanziamento diretto o indiretto di partiti, movimenti politici, gruppi parlamentari» o per «spese personali del consigliere, nonché per l'acquisto di strumenti di investimento finanziario e per l'acquisto di automezzi» e altro.
C’è da pensare dunque che proprio queste maglie strette sull’uso dei finanziamenti abbiano contribuito a rendere i consiglieri più parsimoniosi.