Hydro Dolomiti Energia, quel 40 per cento in vendita che fa litigare Ianeselli e Fugatti
Valore 400 milioni di euro, di proprietà di un fondo di investimento australiano: è giusto che una società pubblica sborsi così tanto per il “controllo” (che ha già)?
TRENTO. Sull'acquisizione del 40% delle azioni di Hydro Dolomiti Energia (Hde), oggi in mano al fondo australiano Macquarie, su cui la holding Dolomiti Energia potrebbe esercitare il diritto di prelazione, sta emergendo una visione diversa tra i soci pubblici (Provincia e Comuni di Trento e Rovereto). In particolare, da una parte ci sarebbe la Provincia, intenzionata a riportare tutta la società leader in Trentino nella produzione di energia idroelettrica in mano pubblica, in base alla logica che lo sfruttamento dell'acqua trentina deve tornare interamente ai trentini. Dall'altra, il Comune di Trento, che invece ritiene che non si debba decidere partendo da una «posizione ideologica» di «sovranismo» idrico, come lo chiama il sindaco Franco Ianeselli, ma sulla base di valutazioni di razionalità economica.
Visto che il controllo della società è comunque già oggi pubblico, vale davvero la pena investire più di 400 milioni in questa operazione?
La mozione presentata in consiglio provinciale da Walter Kaswalder (Patt) per impegnare la Giunta «ad adottare ogni intervento utile ad acquisire la partecipazione del fondo Macquarie» estendendo anche la possibilità «di coinvolgere i privati attraverso un azionariato diffuso» è stata fermata l'altro giorno dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, non tanto perché non fosse d'accordo nel merito, ma per tempi e modi, perché la mozione metteva i piedi nel piatto, mentre la questione è molto delicata.
Ci sono più soggetti coinvolti e una cordata privata costituita anche da trentini, formata da Equitix, Tages, Finanziaria Trentina e Caritro, che si prepara a presentare l'offerta vincolante per l'acquisizione del 40% entro fine maggio. Poi Dolomiti Energia avrà 20 giorni per poter far valere la prelazione.
L'amministrazione comunale di Trento prende le distanze dall'approccio del presidente Fugatti, perché non pensa che si debba partire dall'idea di acquisire il 40% perché «siamo sovranisti» e suona bene dire «le centrali ai trentini».In Comune si fa notare che già oggi Dolomiti Energia con il 60% ha il controllo delle centrali e nella cordata privata in corsa c'è anche una componente trentina. Le questioni da chiarire sono invece due.
Primo, essere consapevoli che c'è un piano industriale di Dolomiti Energia basato sulla diversificazione (non solo idroelettrico ma anche eolico e fotovoltaico), quindi l'esercizio della prelazione per oltre 400 milioni vorrebbe dire andare a concentrare risorse sull'idroelettrico. Poi c'è il prezzo. Capire se è un buon affare o no. I privati faranno un prezzo, se stando appena sopra a quell'offerta si ritiene che valga la pena si potrebbe fare, sapendo però che si deve considerare che sulle concessioni non c'è certezza, visto che le gare sono previste. E considerato che i conti si fanno sul caso di scenario peggiore, oggi non c'è certezza sul valore attribuito alla società nel caso in cui perdesse le gare.
Si era parlato di 350 milioni di euro e questo non giustificherebbe l'acquisto, ma ci sono altre stime ben superiori, pari a un miliardo. Morale, il Comune chiede alla Provincia di valutare la razionalità economica dell'operazione. Quindi se può essere un buon affare o no. Oltre al fatto che, comunque, resta sempre la possibilità di esercitare la prelazione anche solo per una parte di quel 40% spartendolo con la cordata privata.
In Provincia, per contro, sospettano che l'amministrazione comunale sia più fredda rispetto alla prospettiva di rendere Hydro Dolomiti Energia una società interamente pubblica sul modello dell'altoatesina Alperia, perché è più attenta a non ostacolare le aspettative della cordata privata, in particolare della Finanziaria Trentina. Intanto, il tempo per trovare un accordo e decidere che cosa fare stringe.