Sanità / Il nodo

«Punti nascita trentini: sono in arrivo nuovi medici gettonisti»

Il direttore Apss Antonio Ferro: «La politica ci chiede di non chiuderli. Grazie alle tariffe più basse del Veneto abbiamo nove candidature. Porto avanti la battaglia con i sindacati per la mobilità dei medici: difficile far coesistere gli ospedali in rete con la rigidità del posto fisso. A rotazione dovrebbero spostarsi»

APSS Pozzo di soldi per mantenere i punti di Cavalese e Cles
CGIL “Garantire sicurezza e qualità sul tutto il territorio”
COSTI I punti nascita di valle dove i parti sono troppo pochi
UIL “Aumenta la spesa e diminuiscono i servizi”
GETTONISTI Sborsati 12,4 milioni di euro in cinque anni

TRENTO. Nelle scorse settimane il delicato tema dei punti nascita periferici è tornato di attualità: la Corte dei Conti nella sua relazione ha bacchettato la Provincia, riportando i dati dei parti a Cles e Cavalese e sottolineando come la spesa per ognuno sia eccessiva: d'altra parte l'arrivo di un neonato a Cavalese costa 20.298 euro alle cassa pubbliche, mentre a Cles 17.621 euro, quindi il quadruplo rispetto ai reparti di Trento e Rovereto dove la nascita di un bambino costa rispettivamente 5.200 euro e 4.823 euro.

Nel dibattito sono intervenuti i politici e i territori, che hanno sottolineato un aspetto: sono le stesse donne fiemmesi e nonese, in moltissimi casi, a scegliere il Santa Chiara rispetto al più vicino reparto nella propria valle.

Ora nella discussione interviene anche il lato sanitario, con il direttore generale dell'Azienda sanitaria Antonio Ferro che fa il punto della situazione. Dicendo che non sono all'orizzonte chiusure dei due reparti, ma confermando che a tenere in piedi i due punti nascita sono di fatto i gettonisti.

Direttore, alla luce della relazione dei Corti dei Conti avete fatto il punto della situazione?

Ci siamo incontrati, nell’ambito delle classiche riunioni con i vari capi dipartimento, per confrontarci su questo tema. Il calo delle nascite è oggettivo, ma abbiamo affrontato la situazione.

La criticità maggiore che è emersa?

L’elemento più critico è l’alto numero di gettonisti che si alternano in quei reparti. Recentemente abbiamo emanato un nuovo bando, soprattutto legato al fatto che il Veneto ha ridotto le tariffe per i liberi professionisti. Ed in effetti abbiamo avuto altre 9 candidature.

Insomma in Trentino i gettonisti vengono pagati di più (si arriva a 1.200 euro per un turno di dodici ore) e quindi le candidature arrivano.

Il fatto che arrivino ci permette, in prospettiva, di avere una scelta maggiore e quindi una qualità maggiore. Ma al tempo stesso abbiamo in atto un altro concorso che si chiuderà la prossima settimana e speriamo di avere altri medici da poter portare in Trentino. Dal punto di vista del gruppo sarebbe importante avere personale strutturato.

Il numero dei parti resta molto basso, ben al di sotto dei 500 previsti dalla deroga che garantiscono gli standard di sicurezza.

Il tema non è il numero dei parti, ad Asiago ce ne sono 80/100 all’anno, la metà rispetto a noi. Il tema per l’Azienda sanitaria è garantire la sicurezza. E la garantiamo, ma con una parte dei medici che sono libero professionisti. Il problema più grande riguarda i ginecologi, ma anche come pediatri dobbiamo affidarci a una decina di gettonisti.

E qui subentra il tema degli organici, che non sono mai “a posto”.

Quando sei al limite con i numeri basta che un paio di medici vengano meno e la situazione diventa difficile e dobbiamo tamponare con ulteriori gettonisti. Ora è pronta la delibera per i 9 “nuovi”.

Intuiamo, quindi, che non si va verso la chiusura di quei due punti nascita.

No, questa non è una riorganizzazione in previsione di una chiusura. Noi abbiamo l’imput dei decisori politici di tenerli aperti e quindi il mio ruolo è di garantire la sicurezza. Altre questioni non sono di competenza dell’Apss, comprese quelle economiche che arrivano dalle osservazioni della Corte dei Conti. Che ci siano delle differenze di costi lo sappiamo bene, è una questione matematica: per fare i turni h24 serve tot personale e quel costo è fisso. Poi va diviso con il numero di parti e il risultato dà ovviamente delle differenze.

La soluzione sarebbero medici da assumere, ma a Cavalese e Cles nessuno vuole andarci.

Sarebbe importante, è vero, ma in questo momento storico non è possibile trovare persone strutturate che decidano vivere a Cavalese o Cles. E qui entra il tema della battaglia che porto avanti con i sindacati da due anni e mezzo per prevedere la mobilità dei medici: a rotazione i “nostri” potrebbero andare negli altri ospedali.

Ma, per fare un esempio, quelli del Santa Chiara non vogliono andare a Cavalese. Dove tra l’altro rischiano di non affrontare un parto per giorni...

Per ora l’alternanza è solo volontaria, ma è difficile gestire ospedali in rete con la rigidità del posto fisso. E so che non si può lavorare per ordini di servizio: li ho fatti, ad esempio per tenere aperto il Pronto soccorso di Rovereto, ma non può essere il modo sistematico di governare un’azienda complessa come la nostra.

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