Commercio / Crisi

La lenta estinzione dei negozi nei paesi delle vallate trentine, l’allarme di Confesercenti

Un calo medio del 20 per cento, ma nell’ultimo anno le chiusure sono in accelerazione: Fiemme, Valsugana e Giudicarie in sofferenza

di Chiara Zomer

TRENTO. La chiamano desertificazione dei piccoli comuni e dà il senso della desolazione che cresce. È il processo per cui nei centri minori si perdono servizi, a partire dai negozi. Succede in tutta Italia, succede anche qui: - 22,4% in 13 anni in valle di Fiemme, -21,2% in Valsugana e Tesino, solo per dare le cifre delle due comunità più colpite. Ma i negozi - e i servizi - sono un pezzo importante di quello spirito che chiamiamo di comunità. E sono un pezzo importante dei motivi che tengono le persone in un posto, a mettere radici, a vivere i luoghi e sentirli come casa propria.

Ecco perché ora lancia l'allarme il presidente di Confesercenti del Trentino Mauro Paissan, che osserva: «Se perdiamo i negozi presto perderemo l'appeal dei centri turistici. La situazione è già grave, va cercata una soluzione ora, prima che il malato muoia».

All'Autonomia chiede soluzioni creative, a partire da una legge ad hoc per il commercio. E una strada forse c'è: a crescere, in questi anni, sono i negozi multiservizi sostenuti dalla Provincia. Una possibilità che funziona.

Il panorama italiano. Le cifre a livello italiano le ha rese note qualche giorno fa Confesercenti e fanno rabbrividire: dal 2019 ad oggi sono scomparse nei comuni sotto i 15mila abitanti qualcosa come 16.582 imprese commerciali di base, tra piccoli (sotto i 15mila) e micro (sotto i 5mila) si sono persi 26mila negozi dal 2014 ad oggi. In particolare nei piccoli centri non reggono i negozi di elettrodomestici (-30,9%), le edicole (-30,3%), i distributori di carburanti (-22,6%), ma faticano anche i minimarket (-19%) e i pane e latte (-18,4%), le macellerie (-18,4%) e le panetterie (-17,3%).

Il Trentino non è isola felice. Se mai lo è stato, il Trentino non è più un'isola felice. Solo che qui il problema dei servizi nelle periferie è più grave, posto che tanta parte della popolazione abita nelle valli e mantenere vive le valli è la sfida più importante di chi vuole vincere anche la sfida del turismo. Il presidente Paissan (Confesercenti) mostra i dati elaborati dal Centro studi della Camera di Commercio con preoccupazione. Nulla di davvero nuovo, ma messi tutti insieme, evidenziano un panorama preoccupante: il commercio è n generale in difficoltà, il Trentino ha perso per strada 764 negozi dal 2010 al 2023, ma di questi ne sono stati chiusi 134 nel solo ultimo anno, segno che il trend negativo è in crescita esponenziale.

Ma oltre a calare, il mondo del commercio si "sposta": ormai è evidente la concentrazione nelle città, e soprattutto nel capoluogo. Bastino due dati: dei 5.233 negozi ad attività prevalente aperti in Trentino , il 28,6% sta tra Trento e Rovereto, con Trento che fa la parte del leone: 1.665 punti vendita ((per un totale di 221.232 metri quadrati) contro i 639 (e 97.898 metri quadrati) della città della Quercia. I negozi insomma si stanno concentrando sempre di più nei grandi centri.

E i piccoli? Soffrono, qualcuno più di altri: la val di Fiemme dal 2010 al 2023 ha visto un calo di -22,4% di negozi, la Valsugana e Tesino -21,2%,Giudicarie -19,4%, val di Non -18,6%. A questo si aggiunga la dinamica degli sportelli bancari: in Trentino ci sono 13 comuni senza presenza bancaria, e 19 con solo uno sportello bancomat. E qui va meglio che altrove.

Non parliamo delle Poste, che faticano a garantire il servizio pure in città (da settimane sono chiude le filiali il pomeriggi). Insomma, pure in Trentino la desertificazione rischia di essere una realtà.

Richiesta di intervento. Ecco perché il presidente Paissan invoca misure che spingano in controtendenza un settore che arranca, schiacciato tra calo del potere d'acquisto delle famiglie e calo demografico da una parte, costi in aumento e concorrenza dell'e commerce dall'altra. Invoca misure perché, osserva, non è solo una questione di botteghe aperte, il tema è la tenuta delle comunità: «Sebbene la crisi del commercio non risparmi neppure i centri più popolati della provincia di Trento, è evidente che a pagare le maggiori "spese" rispetto a questa dinamica sono e saranno i piccoli comuni ed i luoghi periferici - osserva Paissan - In questo modo saranno sempre meno attrattivi in chiave turistica ed economica, ma saranno ancor meno interessanti per lavoratori, famiglie e residenti della nostra comunità. Non possiamo continuare a investire e preoccuparci solo delle attività direttamente legate all'area turismo: è vero che rimane una gamba fondamentale per la nostra economia, ne siamo consapevoli e non è certamente in discussione, ma da solo non può bastare. L'offerta turistica e l'attrattività del territorio dipenderanno anche dalla capacità del sistema di preservare e rilanciare un settore strategico come quello del commercio (in tutte le sue forme ) e dei servizi».

Da qui l'esortazione: si investa sia sul turismo che sull'industria e sul commercio: «Il commercio, e quello di vicinato in modo particolare, va tutelato senza ulteriori esitazioni e perdite di tempo; serve un'azione di forza con misure straordinarie. Siamo un Provincia Autonoma: dobbiamo puntare su iniziative, se non su una legge ad hoc, di salvataggio e rilancio per questo settore».

L'esempio dei multiservizi. Una strada che funziona c'è, ma ha un costo. Da tempo la Provincia investe, assicurando un minimo di sostegno ai cosiddetti negozi multiservizi, perché ritenuti appunto presidio di comunità. E quelli sembrano reggere, anzi crescono: erano 210 nel 2018, sono saliti a 229 nel 2022, attualmente sono 243. All'epoca, fu una soluzione innovativa, quella dell'individuazione di nuove regole e di sostegno economico. Forse è ora di nuove soluzioni innovative: «Facciamo qualcosa adesso, prima di infilarci in una via senza ritorno - esorta Paissan - serve una cura da cavallo adesso, prima che il paziente muoia».

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