Sanità / Intervista

Neurologia, dopo vent'anni la dottoressa Marangoni dà l'addio all'ospedale Santa Chiara

La professionista è stata un punto di riferimento professionale e umano per i pazienti. Ora assumerà l'incarico di primario al “San Bortolo” di Vicenza, città di cui è originaria. "Sono molto felice del lavoro che ho svolto qui a Trento. Lascio un gruppo molto preparato e in gamba"

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di Fabio Peterlongo

TRENTO. La dottoressa Sabrina Marangoni lascia il reparto di Neurologia del “Santa Chiara” di Trento, dove è arrivata diciannove anni fa, diventando un punto di riferimento professionale e umano per i pazienti. Assumerà l'incarico di primario presso l’Ospedale “San Bortolo” di Vicenza, città di cui è originaria.

In vent’anni di lavoro a Trento ha assistito migliaia di pazienti, alla prese con la sfida difficile di diagnosi spesso impegnative.

Tra le più frequenti vi è la diagnosi di sclerosi multipla, malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale che emerge solitamente nei giovani adulti, soprattutto donne. Fino a pochi anni fa per questa patologia le opzioni terapeutiche erano poche, mentre oggi grazie agli avanzamenti della scienza medica viene curata sempre meglio.

Si riduce così la probabilità di andare incontro a disabilità severe e si mantiene spesso una buona qualità di vita che consente di lavorare, formare una famiglia e avere relazioni sociali quasi impensabili pochi decenni fa.

«Siamo dispiaciuti che la dottoressa Marangoni lasci il reparto, ma siamo contenti per i suoi meritati risultati di carriera. Va a dirigere la Neurologia di un ospedale importante e questo gratifica la Scuola Neurologica di Trento», ha detto il professor Bruno Giometto, primario di Neurologia.

Dottoressa Marangoni, in che modo è cambiato il trattamento delle patologie che affrontate ogni giorno?

In questi vent’anni ci sono stati enormi avanzamenti, nuovi trattamenti, nuove terapie. In particolare per la sclerosi multipla, abbiamo a disposizione vari farmaci che richiedono poi una scelta sempre più indirizzata alla personalizzazione. Oltre alle malattie infiammatorie ci sono stati progressi nell’ambito delle malattie cerebrovascolari con la possibilità di eseguire per l’ictus la trombolisi sistemica, nelle malattie degenerative (es Parkinson), epilessia, malattie del sistema nervoso periferico.

La diagnosi di una malattia impegnativa come la sclerosi multipla impatta pesantemente sulla vita della persona e coinvolge inevitabilmente anche la sua famiglia. In che modo le nuove terapie alleviano questo peso?

Per quanto riguarda la sclerosi multipla negli anni si è completamente rivoluzionata la gestione familiare. Ad esempio è cambiato l’atteggiamento verso la gravidanza. Fino a non troppi anni fa, alle donne era sconsigliato avere figli, ora non è più così. D’altronde questo tipo di patologie coinvolgono tutta la sfera della persona: la famiglia, il lavoro, le interazioni sociali.

C’è una maggiore diffusione delle patologie neurologiche rispetto al passato?

I dati mostrano un leggero aumento nell’incidenza, ma ciò che è veramente cambiato sono le tempistiche delle diagnosi, sempre più precoci. Una diagnosi precoce consente un trattamento più tempestivo e una migliore evoluzione della malattia

Quanto è importante il rapporto medico-paziente?

Facciamo grandi passi avanti nella gestione complessiva del paziente perché cerchiamo di andare verso la persona nel suo complesso. In questo senso, ritengo fondamentale il rapporto medico-paziente. L’alleanza terapeutica con il paziente fa in modo che aderisca meglio alle terapie.

In che modo vi tenete aggiornati sulle novità che emergono dalla ricerca?

Tenersi sempre aggiornati è fondamentale. Cerco di essere presente ai convegni di aggiornamento, sia come relatrice sia come discente. Siamo soliti condividere le conoscenze con tutti i colleghi dal Triveneto, dall'Italia e anche internazionali in una sinergia imprescindibile.

Con che stato d’animo lascia Trento, diretta verso un nuovo prestigioso incarico nella sua Vicenza?

Sono molto felice del lavoro che ho svolto qui a Trento. Lascio un gruppo molto preparato e in gamba. Mi riferisco sia agli infermieri sia ai colleghi medici; conto di mantenere con loro un bel rapporto anche nel futuro. Ringrazio tutte le persone con cui ho lavorato e anche tutti i pazienti che fanno parte del mio percorso di vita e mi resteranno nel cuore. E ringrazio i direttori dell’azienda ospedaliera e del dipartimento con cui ho lavorato, il dottor Daniele Orrico e l’attuale primario professor Bruno Giometto.

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