Ambiente / Il monitoraggio

Come è cambiato il bosco trentino dopo Vaia: più sorboli e meno larice, cervi “nemici” delle piantine

Circa 14 milioni di alberi abbattuti per un danno stimato, solo nella nostra regione, di circa 400 milioni di euro. Un evento estremo che a distanza di sei anni lascia ancora un territorio stravolto, afflitto dal bostrico, ma pur soggetto alle naturali dinamiche di ricrescita, con qualche sorpresa

MISURE Nei boschi trentini, quasi mezzo milione per "mitigare i danni

TRENTO. Impossibile dimenticare quei giorni di fine ottobre quando la Tempesta Vaia, con i suoi venti a quasi 200 chilometri orari abbatté tra Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia circa 14 milioni di alberi per un danno stimato, solo nella nostra regione, di circa 400 milioni di euro. Un evento estremo che a distanza di sei anni lascia ancora un territorio stravolto, afflitto dal bostrico, ma pur soggetto alle naturali dinamiche di ricrescita, con qualche sorpresa.

A illustrarle la relazione finale delle attività di monitoraggio delle aree colpite dall'evento, pubblicata negli scorsi giorni dal comitato tecnico scientifico preposto con il coordinamento della Direzione generale dell'economia montana e delle foreste del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste.

Ricrescita diversa.

Uno tra i dati principali della ricerca è quello riferito all'importanza della variabile distanza dallo schianto. Nella maggior parte dei siti individuati (comprendenti anche i 1185 individui della Provincia di Trento con 60 siti di monitoraggio per una superficie colpita di 18.389 ettari e con una quantità di legno morto di oltre 44 metri cubi per ettaro) il numero dei nuovi esemplari tende infatti a diminuire mano a mano che ci si allontana dal sito dell'area "schiantata" con un calo repentino lungo i primi 20 metri.

Questo sembra dovuto principalmente al maggior accumulo nell'area di schianto di necromassa (fondamentale nella decomposizione e trasformazione) che può fungere da protezione alle nuove piantine. Questa sorta di "paradosso" fa quindi sì che nei siti colpiti ci sia una copertura di suolo maggiore, specialmente in presenza di specie a seme "pesante" come abete rosso, abete bianco o faggio.

La classe di altezza.

A determinare i dati della ricrescita anche l'altezza, con una diminuzione di individui a mano a mano che aumenta la classe. Analizzando nel dettaglio i numeri, infatti, si può notare nella rinnovazione inferiore ai 20cm una prevalenza della popolazione specifica pre-Vaia con una spiccata presenza dell'abete rosso e dell'abete bianco (in totale circa l'80% della rinnovazione rilevata).

A seguire tra le altre specie il faggio, il larice e il sorbo degli uccellatori. Proprio quest'ultimo appare il grande protagonista della classe di altezza 10-150cm con 737 individui (35%), seguito dall'abete rosso con 555 individui (27%), il faggio con 255 individui (12%), l'abete bianco con 167 individui (8%) e il larice con 81 individui (4%).

Per quanto riguarda gli individui più alti di 150cm sono stati classificati tutti come nati prima della tempesta Vaia. Anche in questo caso la distribuzione specifica ricalca quella generale, con una spiccata predominanza dell'abete rosso con 170 individui (57%), seguito dall'abete bianco con 32 individui (11%) e dal faggio con 23 individui (8%). Le altre specie sono presenti invece singolarmente per meno del 5%. La composizione tende quindi a rispecchiare in massime parte quella dei popolamenti precedenti con l'unica eccezione rappresentata dal sorbo degli uccellatori, che meno dipendente dalla pianta porta-seme, tende a proliferare con facilità.

Il fattore altitudine.

Si nota un andamento discendente degli individui all'aumentare della quota, ma con andamenti differenziati in base alle specie. Per quanto riguarda l'abete rosso ed il sorbo degli uccellatori si nota infatti una distribuzione uniforme lungo il gradiente altitudinale, con valori leggermente inferiori ai due estremi. Il larice mostra invece una discreta densità a quote basse ed a quote alte, con un picco negativo a quote intermedie, attorno ai 1300m.

Picco invece per l'abete bianco alle quote intermedie (1200-1500m) e sensibilmente più alto rispetto agli estremi. Infine, il faggio mostra un decremento importante all'aumentare della quota fino ai 1300 m, seguito da una ripresa nel numero di individui fino circa 1600.

Germogli brucati.

I peggiori nemici dei nuovi alberi? I brucatori: più del 15% di nuovi individui è stato brucato, dato che tende ad aumentare più ci allontaniamo dal sito di schianto.

Come sottolineato dallo studio in realtà, «i dati relativi ai danni da brucamento non registrano valori particolarmente elevati, suggerendo danni contenuti al momento del monitoraggio» ma ciò non toglie che potrebbe essere necessario mettere in atto nuove strategie per scoraggiare caprioli, cervi e altri animali a interessarsi alle neo-piantine ritenute più appetibili tra le quali in particolare l'abete bianco, i sorbi e le salicacee.

L'elemento biodiversità.

Nei 41 siti campionati nel 2021 sono state identificate in totale 329 specie di piante vascolari tra cui le specie di piante quali: Rubus idaeus. (presente nel 91% dei siti campionati), Fragaria vesca (89%), Epilobium montanum e Veronica officinalis (86%).

Le specie più comuni nei controlli in foresta sono state invece specie tipiche di pecceta come: Lonicera nigra, Oxalis acetosella, Picea abies, Hieracium murorum, Maianthemum bifolium, Vaccinium myrtillus (presente nel 83% dei controlli campionati). I risultati indicano inoltre che nel sito degli schianti viene ospitata generalmente più varietà di piante ma anche di piccoli animali invertebrati come ragni o farfalle. Una curiosità: gli artopodi camminatori come i ragni si sono adattati meglio alle nuove condizioni ambientali rispetto agli impollinatori.

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