Giustizia / Il caso

La Cassazione conferma la vittoria di Pruner che fu licenziato da Kaswalder

Si chiude il contenzioso nato nel 2019 per il licenziamento «illegittimo» dell'allora segretario particolare dell'ex presidente del consiglio provinciale, rimborso di oltre 160mila euro: confermata la condanna nei confronti del consiglio provinciale

IL CASO Pruner licenziato. La colpa? Il congresso del Patt
MOTIVI Kaswalder: «Pruner? Lui sa perché l'ho licenziato»
APPELLO Respinto il ricordo di Kaswalder
SPESE  La Corte dei Conti esclude di poter chiedere il danno a Kaswalder

di Francesca Cristoforetti

TRENTO. La partita giudiziaria a colpi di ricorsi e controricorsi tra l'allora presidente del consiglio provinciale Walter Kaswalder e Walter Pruner si è chiusa ufficialmente in Cassazione: tre a zero per l'ex segretario particolare licenziato «illegittimamente» per un «atto ritorsivo», come aveva scritto la Corte d'Appello di Trento, sezione lavoro.

Dopo il verdetto dei giudici del lavoro nei primi due gradi di giudizio, la condanna nei confronti del consiglio provinciale viene confermata anche dalla Corte suprema di Cassazione, IV sezione.

Sulla vicenda Roma mette un punto: la somma da pagare non comprende solo le mensilità rimanenti (che avrebbe maturato nella legislatura o comunque fino a fine mandato dell'allora presidente), ma in aggiunta anche gli oneri contributivi previdenziali, il trattamento di fine rapporto e le spese legali. La cifra che dai conti pubblici è stata versata al segretario licenziato si aggira intorno ai 160mila euro (considerando le 55 mensilità non percepite per 2.500 euro circa tra stipendio e oneri complessivi e il Tfr).

Grande la soddisfazione da parte di Pruner e del suo avvocato: «Sono stati cinque anni e mezzo non facili - ha dichiarato l'ex segretario - Questa vicenda non è stato solo quello che "appare" ma ciò che ho vissuto interiormente. La breccia della calunnia non piace a nessuno, ma ci tengo a ringraziare profondamente la mia famiglia e il mio avvocato che mi sono sempre stati accanto. Qualcuno è sparito durante il contenzioso, nonostante qui non fosse un problema di maggioranza o minoranza. Sono state situazioni difficili perché ho vissuto nell'incertezza, ma la leggo come un'esperienza di vita. È stata una causa pilota che spero possa essere d'aiuto per altri: sono battaglie che vanno portate avanti per l'autonomia e il rispetto del lavoratore. Kaswalder? Non mi ha più cercato».

Ad esprimersi anche il suo legale, Attilio Carta: «Questa sentenza conferma che anche se un dipendente è in un rapporto fiduciario non significa che debba rinunciare alla sua libertà di pensiero o di azione. Non si possono limitare i suoi diritti costituzionali e questo vale per tutti i rapporti di lavoro».

Dal canto suo, Kaswalder, aveva dichiarato (ancora durante il suo incarico di presidente del consiglio provinciale) che se avesse perso al terzo grado di giudizio si sarebbe «dimesso»: «Nel caso in cui la Cassazione dovesse darmi torto certamente darei le dimissioni, ma sono molto tranquillo» (vedi l'Adige del 28.12.2021).

La vicenda è nota, avendo toccato anche un piano politico. Era il 2 maggio 2019 quando, con una lettera di poche righe, Kaswalder aveva licenziato il suo segretario particolare a pochi mesi dall'assunzione, avvenuta il 7 dicembre 2018, con la seguente motivazione: «Venuto meno il rapporto di fiducia alla base del contratto», «in seguito ai dissensi intervenuti in questi ultimi mesi in ordine alle modalità e ai tempi di gestione della segreteria politica della mia presidenza e a causa dell'impossibilità di addivenire ad una comune intesa riguardo all'organizzazione di tale attività».

Il fascicolo era approdato quindi sul tavolo del giudice del lavoro. Il casus belli era stato addotto alla presenza di Pruner al congresso del Patt, nel marzo 2019. Nell'appello, il consiglio provinciale aveva sottolineato come questo episodio non avesse inciso in modo predominante nella decisione del licenziamento, ancorata invece sulle modalità con cui svolgeva il suo lavoro.

Eppure per la Corte d'appello, che aveva confermato e consolidato l'impianto della sentenza di primo grado del giudice Giorgio Flaim, le altre contestazioni sollevate erano solo strumentali. A provocare il recesso dal rapporto di lavoro fu proprio la presenza di Pruner al congresso di un partito dal quale era stato espulso e verso il quale Kaswalder nutriva risentimento.

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