Codici bianchi da gestire nelle Case di comunità per sgravare il pronto soccorso
Il professor Nicola Taurozzi spiega la ricetta per combattere il sovraffollamento sottoposta alla Provincia già un anno fa: si tratta di utilizzare, per i casi meno gravi, i centri di assistenza urgenze minori a bassa complessità dispiegati nel territorio
SCONTRO Stop ai codice bianchi negli ambulatori: sindacati furiosi
NUMERI Troppi accessi impropri al pronto soccorso
CASI Il 4,68% di chi va al pronto soccorso, esce prima della visita
DENUNCIA Paoli: Dai medici di base mancano i vaccini antinfluenzali
REPLICA L'Azienda sanitaria a Paoli: «Consegnate 70 mila dosi»
TRENTO - Il professor Nicola Taurozzi, primario emerito e già docente all'Università di Milano, spiega la ricetta per combattere il sovraffollamento dei pronto soccorso. «Il Trentino - spiega Taurozzi - non è esente da tale criticità. Un anno fa, nel novembre 2023, è stato presentato all'assessorato alla Sanità e successivamente alla presidente della Consulta per la salute un progetto sperimentale di riorganizzazione del servizio emergenza-urgenza che utilizza i cosiddetti CAUB territoriali (Centri di assistenza urgenze minori a bassa complessità) per alleggerire la pressione sui Pronto Soccorso». Un suggerimento che ancora non è andato a buon fine, ma sul quale Taurozzi insiste, portando dati e numeri. Di cosa si tratta? Partiamo da un dato: gli accessi totali ai pronto soccorso della Provincia l'anno scorso, secondo i report di Agenas, sono stati 179.555. Di questi, 96.780 (circa il 53% del totale) sono stati inappropriati, ovvero codici bianchi e verdi, considerati urgenze minori. Il modello Caub si applica per ridurre la pressione sui Pronto Soccorso che vengono liberati dalle urgenze minori. Come? Perché queste vengono affidate a presidi extra ospedalieri. Nelle Case di comunità? Tenendo presente il rapporto di 1 CAUB ogni 50.000 abitanti, per il Trentino sarebbero sufficienti 11 Caub da ubicare prevalentemente nelle 11 Case di comunità già previste dal Pnrr, così da renderle concretamente operative anche alla luce della indisponibilità dei Medici di base a prestare le 3.236 ore annue per ogni Casa di Comunità, come previsto dal decreto del ministero. I Caub permetterebbero anche un risparmio a livello economico? Il costo degli accessi inappropriati a carico della Provincia di Trento è stimato all'incirca di 12,581 milioni di euro, nell'ipotesi di un costo medio per accesso di circa 130 euro. Le critiche a questo modello riguardano la carenza di medici e la copertura finanziaria. Ciascun Caub dovrebbe essere gestito da 2 medici (ex guardia medica, medici di base, specialisti o specializzandi in Medicina d'Urgenza) e da 2 infermieri di Comunità, con una fascia operativa iniziale in via sperimentale dalle ore 8 alle ore 20. Il minor costo degli accessi inappropriati trattati nei Caub e non più afferenti ai pronto soccorso, il non dovuto compenso ai medici di base che non si sono resi disponibili ad operare nelle Case di comunità ed infine il costo annuo del personale permettono una riduzione netta annua di spesa di circa 12,3 milioni di euro. E tale riduzione consente anche la copertura del costo del personale delle 11 Case di Comunità che ammonta circa a 12,200 milioni. Dopo la presentazione della scorsa settimana, ecco il documento con le "Linee di indirizzo per il governo della domanda e dell'offerta di prestazioni sanitarie". Si tratta dell'insieme di soluzioni per la gestione delle liste d'attesa, perché - come si legge nell'introduzione e come affermato ormai decine di volte dall'assessore Mario Tonina - «il contenimento dei tempi d'attesa per esami, visite e ricoveri è un obiettivo prioritario del servizio sanitario provinciale». Tra i vari strumenti citati per gestire l'offerta, torna il tema «dell'apertura delle strutture anche nelle ore serali e durante il fine settimana per l'attività di assistenza specialistica ambulatoriale». Oltre a questo l'assessorato chiede all'Azienda sanitaria di «potenziare ed efficientare la dotazione organica, con particolare attenzione alle esigenze dell'area ospedaliera finalizzate al governo dei tempi di attesa per i ricoveri». Inoltre è prevista «l'attivazione di prestazioni orarie aggiuntive (POA), usufruendo delle risorse messe a disposizione dalla Provincia e l' acquisizione di prestazioni dal privato accreditato». Ancora sull'attività in libera professione intramoenia: «È previsto che, qualora non si riesca a garantire attraverso gli altri strumenti il rispetto dei tempi massimi di attesa previsti per la relativa classe RAO, sia possibile accedere alla prestazione nell'ambito dell'offerta intramoenia sostenendo esclusivamente il costo previsto per l'accesso alla prestazione in regime istituzionale». Nel documento si sottolinea, in riferimento alla disdetta degli appuntamenti, che «l'Azienda sanitaria assicura che il CUP continui a utilizzare un sistema per ricordare all'utente, due giorni lavorativi prima dell'erogazione della prestazione, la data della visita stessa per richiedere la conferma o la cancellazione anche da remoto della prenotazione effettuata. E si conferma il malus fisso di 30 euro per tutti i soggetti che non si presentano a prestazioni prenotate, salvo disdetta entro le ore 10 del giorno antecedente l'appuntamento o successiva valida giustificazione». Nelle linee guida un intero capitolo riguarda l'informazione e la comunicazione, che devono essere chiare e trasparenti: «L'Apss dovrà promuovere campagne di informazione mirate a sensibilizzare i cittadini e la sezione del sito di Apss dedicata ai tempi di attesa deve includere i dati del monitoraggio, il numero di prenotazioni effettuate, i dati storici, le medie dei tempi di attesa per l'accesso alle prestazioni». Infine, naturalmente, nel documento vengono specificate le linee guida in ambito di prevenzione e di appropriatezza prescrittiva.