Il pedagogista Dario Ianes «Meno compiti a scuola? Ci vedo un po’ di demagogia»
L’assessora Gerosa invita i docenti a ridurre i compiti. Una mossa che all'esperto non dispiace, ma il professore mette in guardia: «C'è un mix tra giuste considerazioni di tipo pedagogico-didattico e un po’ di demagogia, una strizzatina d'occhio alle famiglie»
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TRENTO - L'assessora all'istruzione Francesca Gerosa invita i docenti a ridurre i compiti e crea la figura del "Faber", il docente facilitatore delle relazioni. Due mosse che al pedagogista Dario Ianes (nella foto a destra), fondatore di Erickson, casa editrice specializzata nella didattica, non dispiacciono, ma il professore mette in guardia dalla demagogia.
Che cosa ne pensa, professore?
«Secondo me c'è un strano mix tra giuste considerazioni di tipo pedagogico-didattico e un po' di demagogia. Sui compiti a casa la ricerca scientifica ci dice che scattano meccanismi di disuguaglianza e quindi è giusta la tendenza a ridurli. Sul tema della disconnessione pure. Sappiamo quali sono i danni. Questa direzione è positiva».
E la parte negativa?
«C'è dentro una vena di demagogia perché si mescolano considerazioni corrette pedagogicamente, ma questa è anche una strizzatina d'occhio alle famiglie sulla percezione di un carico eccessivo dei compiti».
Quindi sono considerazioni da vecchi boomer dire che una volta i compiti si facevano?
«Sono cambiati i ragazzi, sono cambiati i genitori, che sono molto più partecipi e dobbiamo fare un altro ragionamento: dire che bisogna apprendere a scuola e che a casa si studia non è corretto. È come se ci fosse una scissione. Il discorso sui compiti però deve essere accompagnato da un cambio della didattica. A scuola si studia e nel tempo che ti rimane leggi, vai al cinema.
La vecchia didattica delle teste ben piene è defunta. Ormai le informazioni le posso recuperare in maniera molto veloce. A scuola, dove passo tantissime ore, devo imparare a gestire le fonti. È il concetto di Edgar Morin: passare da una testa piena a una testa ben fatta. I docenti tradizionali tendono a riempire la testa, invece serve una testa ben fatta, creativa. È più impegnativo e il docente deve mettersi a fianco. È una didattica più attiva e partecipativa. Ma dire "riduco i compiti" senza cambiare la didattica mattutina è una presa in giro».
E la riduzione digitale?
«Giusto, il digitale va usato di più a scuola. Le nuove generazioni sono lì. Va superata la vecchia mentalità. Invece vanno gettate le chat dei genitori, quel profluvio di informazioni che arriva fuori dall'orario di scuola».
E sul "Faber"?
«C'è un dato da tenere presente: tutti gli studi ci dicono che dopo la pandemia il malessere è cresciuto tra gli studenti, ma anche tra i docenti, c'è il burn out, l'esaurimento. Quindi da questo punto di vista è assolutamente positivo. Dopodiché non ho ben chiaro che cosa deve fare questa figura. C'è anche un disagio da capire, anche tra i docenti, magari del precario mandato da Siracusa a Trento. A chi mi rivolgo?
C'è il disagio dei docenti, la loro solitudine, anche la loro conflittualità. Una dirigente scolastica recentemente mi ha detto che ha 200 insegnanti, di cui trenta in prova. Come fa a parlare con tutti? Il malessere bisogna capire da dove viene. Innanzitutto li dovrei pagare un po' di più. Questo "Faber", questo fabbro, che cosa forgia? Vanno valorizzati i rapporti con i compagni di classe, la dimensione di gruppo, ma molti docenti, non lo consentono perché "sono indietro con il programma". Il discorso del benessere è sicuramente importante, ma serve attenzione a mettere in piedi queste figure che non hanno una definizione del ruolo e dei poteri. Tra l'altro mi sembra il minimo ridurre le loro ore di insegnamento. Il Trentino sarebbe il posto ideale per sperimentare cose coraggiose: ha poche scuole, pochi studenti e molti soldi e potrebbe essere un vero laboratorio».
Ma l'assessora Gerosa a voi ha chiesto nulla?
«No. Ma c'è l'Iprase che ha un comitato scientifico di valore. È importante parlare della scuola. Gerosa ha fatto tutta la sua prima fase di ascolto, ascoltando tutti, ma non i docenti. Ma capisco che i docenti sono una categoria rognosa: devi avere una forte disponibilità al dialogo. Eppure questa potrebbe essere un'occasione: penso al terzo settore, una nostra grande ricchezza che andrebbe coinvolta. Aprire un bel cantiere con questo mondo non sarebbe male».