Lo sfogo social di Emanuela Pedri: «Su Sara nessun passo indietro, non ci arrendiamo»
La sorella della ginecologa scomparsa in Trentino nel 2021 torna sulla sentenza che ha assolto l’ex primario del reparto del Santa Chiara, Saverio Tateo: «Non abbiamo mai urlato e offeso nessuno, siamo partiti in pochissimi, ma oggi siamo un esercito
SENTENZA Il fatto non sussiste, due assoluzioni
ACCUSA La pm chiede 4 anni e due mesi per l’ex primario
TATEO L'avvocato: "È un processo alle streghe"
MEREU La difesa: «Nessun clima negativo in reparto»
IL PODCAST Sara Pedri, una storia sospesa
TRENTO. Uno sfogo amaro, ricordando la sorella Sara, a pochi giorni dall’assoluzione dell’ex primario dell’ospedale Santa Chiara di Trento Saverio Tateo e della sua vice Liliana Mereu. Emanuela Pedri, sorella della ginecologa scomparsa in Trentino il 4 marzo del 2021, lo ha affidato alla pagina Facebook “Verità per Sara Pedri”. Ecco che cosa ha scritto:
«Dopo il risultato della sentenza è stato doveroso e importante commentare alla stampa e ai telegiornali quello che è successo. Una volta passata la tempesta, mi ero ripromessa di farlo anche qui, come ho sempre fatto, condividendo con voi il bello e il brutto di questa tragica storia.
I protagonisti di questa brutta storia sono tanti, non si tratta solo di Sara, potrebbe sembrare così perché il suo nome ha fatto il giro d’Italia entrando nei cuori di tante famiglie che l'hanno conosciuta attraverso di noi, affezionandosi sempre di più a lei, ma è anche la storia di altre famiglie, perché anche se di loro non si parla, ci sono 20 dottoresse parti offese che per quasi 4 anni hanno raccontato alla Procura di aver subito mobbing anche negli anni prima dell'arrivo di Sara, nello stesso reparto di ginecologia e ostetricia all'ospedale Santa Chiara di Trento.
Il caso di Sara non sarebbe potuto esistere se ci fossimo stati solo noi, fino a qui non saremmo mai potuti arrivare ed è proprio da questo importante dato che dobbiamo partire. Sara non c'è più fisicamente, ma le 20 dottoresse che tra i singhiozzi hanno avuto il coraggio di raccontare il loro calvario, sono ancora vive e stanno ancora soffrendo ricevendo l'ennesimo schiaffo e l'ennesima umiliazione.
Se anche di fronte a questi numeri (21 parti offese, 9 parti civili di cui la stessa Azienda Sanitaria) non si ottiene il risultato sperato vuol dire che qualcosa manca, e forse non è difficile capire cosa manca.
A tal proposito ci tengo a riportare le parole del nostro avvocato Nicodemo Gentile. "Le sentenze si rispettano sempre e comunque. Aspetteremo le motivazioni della decisione, ma dal punto di vista del rilievo penale, il mobbing rimane sempre e comunque una brutta bestia. ll mobbing, infatti, non ha una specifica collocazione nel diritto penale quale autonoma e precipua fattispecie criminosa, dal momento che la legislazione vigente non prevede alcuna ipotesi di reato a carico di chi compie condotte di vessazione morale e di dequalificazione professionale tenute nell’ambiente di lavoro in danno di altro lavoratore. Di conseguenza, la condotta costituente mobbing viene fatta rientrare, di volta in volta, in fattispecie diverse, che, tuttavia, non sempre sembrano adeguate a disciplinare appieno il fenomeno. L' auspicio è che il nostro legislatore possa finalmente intervenire colmando questa incivile e incomprensibile lacuna."
Ed è proprio da qui che bisogna partire, da questo risultato apparentemente brutto, che ci ha indignati tutti, ma che ci dice una cosa importantissima: manca un reato specifico nell'ambiente di lavoro che si chiama mobbing. Ora più che mai è importante ricordare dove siamo arrivati tutti insieme con Sara, abbiamo "spostato le montagne" e questo grande risultato non può e non deve essere dimenticato.
In questo momento è molto importante non fare passi indietro, non arrendersi, non alimentare pensieri negativi pensando di essere invisibili, abbandonati e non creduti, non cerchiamo un colpevole all'esterno facendo i guerrafondai o i complottisti, non serve a nulla. Sono proprio questi gli atteggiamenti che ci impediscono di agire, di andare verso un nuovo mondo, verso la giusta strada. Dobbiamo continuare a credere nella giustizia, in noi stessi, facendo rete per aprire le porte, senza paura di metterci la faccia e denunciare. Non abbiamo mai urlato e offeso nessuno, siamo partiti in pochissimi, ma oggi siamo un "esercito di persone" che provano le stesse emozioni e che desiderano un mondo migliore dove l'amore regna sovrano.