La storia del Trentino in Europa firmata Maria Garbari

di Renzo Maria Grosselli

Va in libreria «Pagine di storia», Temi , della grande storica trentina Maria Garbari . Si tratta, come dice il sottotitolo, di una «Antologia di articoli sulla storia regionale pubblicati sul giornale "l'Adige"» . La presentazione è del direttore Pierangelo Giovanetti , le pagine sono 325 e il costo di 18 euro. Maria Garbari non è solo la decana degli storici in Trentino, docente universitario ha fatto parte di tutte le associazioni che si interessano al massimo livello di storia e di cultura nella nostra terra. Da quella sua altezza, e per la sua età, Maria Garbari non teme di dire la sua. E in questa intervista lo fa, con intelligenza piena, esperienza e freddezza. Stimolando un Trentino un tantino provinciale, un tantino seduto, ma soprattutto da molto senza un credibile disegno culturale. Ascoltiamola.

Perché un nuovo libro Maria Garbari? 

«Gli articoli che presenta riguardano personalità e eventi legati al territorio, proiettati però in un contesto nazionale e internazionale. La storia di Trento va vista attraverso l'Europa, non dalla prospettiva localistica. Questo vale sia per le tappe del mondo risorgimentale, sia per la Prima e la Seconda guerra mondiale. Alle spalle dei testi è sedimentata la ricerca di decenni. Le fonti sono sempre di prima mano, mai manualistiche: archivi locali (Comune, Diocesano, Stato) e anche stranieri, in particolare quelli del Ministero degli Esteri di Francia e Inghilterra. Per conoscere una voce esterna a quella degli imperi centrali e delle potenze della Triplice. Ma anche per quel che riguarda il fascismo e il nazismo. Poi mi sono servita dei resoconti stenografici del Parlamento di Vienna, di quelli della Dieta Tirolese oltre a quelli del Parlamento Italiano. Possiedo poi l'intera serie dei documenti diplomatici italiani. Quindi la stampa d'epoca dall'età asburgica al secondo dopoguerra. Poi ho la fortuna di possedere l'archivio e la biblioteca del pittore Tullio Garbari , mio zio, con la presenza di scritti e di opere dei maggiori rappresentanti della cultura europea dei primi decenni del Novecento. Da parte sia paterna che materna sono sedimentate a casa mia le testimonianze della Prima guerra mondiale, scritti coevi, opuscoli, lettere da e per Katzenau e poi documenti sulla Seconda guerra mondiale. A volte posso scrivere senza uscire di casa».

Leggendo qualsiasi suo testo, salta subito agli occhi un metodo.

«Qualche volta ho accennato ai miei ricordi, che sono chiari, dalla Seconda guerra mondiale. Però come metodo diffido sempre dei ricordi, compresi i miei, data la curva della memoria. Tutto deve essere puntigliosamente verificato con i documenti e molto vagliato. Cauto deve essere anche l'uso della scrittura popolare, ora tanto di moda. È legittimo tenerne conto, per ricostruire i modi nei quali è stata vissuta un'epoca, però sempre all'interno della storia istituzionale, culturale, sociale ed economica. Non bisogna mai farsi sedurre dal populismo o dalla retorica dell'antiretorica. Ho sempre cercato di tenere fede al rigore scientifico. Non credo alle favole e alle mistificazioni ideologiche e la storia non è il tribunale che assolve o condanna in base ai principi assoluti, spesso politici o riflesso dell'integralismo ideologico. Ciò non toglie che da quanto scrivo non si disvelino i miei modi di sentire. È evidente che che tra Hofer e Tecini scelgo il secondo, perché rappresenta il progresso contro il conservatorismo paesano. E che ammiro l'europeismo di Giovanni a Prato , la grandezza di Paolo Oss Mazzurana e vedo in Alcide De Gasperi lo statista a livello internazionale. Sono dalla parte di Cesare Battisti , di Manci , di Bacchi e Disertori e di tutti coloro che hanno lottato per la libertà e per la democrazia. Ho l'allergia per i macabri totalitarismi. Mi ritengo uno spirito libero che non deve nulla e non chiede nulla ai politici ma sono sempre impegnata nelle battaglie civili per la libertà e la democrazia».

Il Trentino è terra di grandi tradizioni culturali. E oggi?

«Il Trentino ha grandi beni culturali, ad esempio nella città di Trento ci sono due gioielli, il Castello del Buonconsiglio e il Museo Diocesano, però non ha più una politica della Cultura. Il 17 novembre, ricordando Gino Tomasi , avevo detto: "Il Palazzo delle Albere ormai degradato è visto rinascere solo come un centro commerciale di pacchetti comprendenti musei e prodotti tipici, con magari appesi alle pareti i trofei dell'autonomia, cappelli piumati e cinturoni di cuoio».

Tra gli articoli che il suo libro ripropone, c'è molto Battisti e molto De Gasperi.

«Battisti era un grande uomo di cultura e non solo un martire, fu il fondatore dell'antropogeografia. De Gasperi ha saputo, da cattolico, pensare ad uno Stato laico e democratico. È stato un fautore della Repubblica, al referendum il Trentino ha avuto l'85% dei voti per la Repubblica, ai massimi livelli in Italia. Non per caso».

Lei scrive anche di Umberto Corsini, docente e storico che in Trentino è forse poco valorizzato.

«Corsini faceva suo un concetto di storia e storiografia di carattere europeo. Addirittura è stato un esempio di impegno civile e di grande stile nella vita politica, come docente liceale e poi universitario. Uno stile particolare di trattare con gli studenti. È stato il mio maestro».

Lei ha ricoperto cariche nel Museo del Risorgimento, Società di studi trentini di scienze storiche, Accademia degli Agiati, Istituto mocheno cimbro, Istituto trentino di cultura, Istituto storico italo-germanico. Troppa cultura e troppa storiografia da noi?

«Ciò che ci vorrebbe, sarebbe un coordinamento. Ciascuno lavora per conto proprio. Ci vuole collaborazione e un piano comune perché le iniziative altrimenti si sovrappongono».

Tanti storici, comunque.

«Ci sono un sacco di persone che si autodefiniscono storico. Ma per essere storici si deve avere una filosofia propria della storia. Io sono una studiosa di storia, non sono uno storico». 
Libri su libri per Clesio, Degasperi, Guetti. Poco sulla Lega delle cooperative, movimento operaio, emigrazione.
«Spesso in passato le scelte sono state anche di carattere politico. Privilegiando alcuni temi ed oscurandone altri. C'è ancora molto da lavorare. Una politica culturale trentina non c'è, da molto».

Il Mart doveva essere un gioiello. Ora lo è il Muse.

«Intanto, il Castello del Buonconsiglio deve avere una sua indipendenza. È uno dei grandi monumenti di Trento, la città vi si identifica, deve avere una propria autonomia per fare mostre e attività culturali. L'errore di partenza è che si vuole mercificare tutto. E il Mart ha delle cose ottime, la mostra sulla Grande guerra ne è un esempio lampante. Ma ha un futuro incerto, invece dovrà avere una sua precisa indipendenza scientifica».


Maria Garbari, nuovo libro, stesso acume (e coraggio) di sempre.

comments powered by Disqus