Fitoussi: «La vittoria di Syriza dà un po’ di ottimismo all'Europa»
L’esito delle elezioni in Grecia, con il trionfo della sinistra radicale di Alexis Tsipras, «ridà un po’ di ottimismo a tutti coloro che credono e hanno sempre creduto che un’altra politica, diversa da quella dell’austerità, è possibile. Perchè l’austerità non funziona».
Ed è proprio tra le fila di questi convinti e agguerriti avversari del rigore che si schiera l’economista francese Jean-Paul Fitoussi, professore emerito di Sciences Politiques a Parigi e docente alla Luiss di Roma, che anche per l’Italia vede come fuoco prioritario per la politica non tanto la gestione del debito quanto la spinta alla crescita.
Intervistato dall’Ansa all’indomani delle elezioni in Grecia, Fitoussi osserva che un importante messaggio «viene da un paese che ha pagato un ampio contributo alla politica dell’austerità».
Tanto che oggi si è ridotto ad essere «la caricatura di questa stessa austerity».
Basti pensare infatti che «un terzo della popolazione è in povertà, un terzo sono lavoratori precari e un terzo dei greci non possono essere curati dal sistema sanitario». Insomma, a parere dell’economista francese, tutto ciò dimostra che «questa politica non ha portato nessun risultato rispetto agli obiettivi che voleva raggiungere, e in particolar modo per il debito pubblico». Fitoussi spiega infatti che «in Grecia il debito è salito come conseguenza delle politiche di austerità».
«Bisogna cambiare - incalza ancora Fitoussi - nessuno ha il coraggio di dirlo, ci voleva uno shock dalla democrazia» come è avvenuto a Atene. «Abbiamo bisogno di investimenti, di aumentare i salati, in particolar modo quelli bassi, di investire in salute, in infrastrutture».
La Grecia rappresenta un caso estremo dove l’austerità ha agito in modo molto più forte che altrove portando ad una caduta delle pensioni del 40% e dei salari di 1/3«. Ma il discorso dell’economista francese »vale per tutta l’Europa. E quanto all’Italia in particolare «il problema è l’occupazione, il livello dei redditi, il benessere della gente, e quindi la crescita, non il livello del debito. Quest’ultimo lo si può abbassare solo rilanciando la crescita».