«Mad Max», Charlize imperatrice «Il figlio di Saul», l'orrore dei lager
«Donna-donna per “Mad Max”. Miller mi aveva promesso che sarei stata femminile in questo ruolo e che non avrei fatto l’eroina che cerca di imitare gli uomini. Una promessa mantenuta». Così al Festival di Cannes una splendida Charlize Theron, protagonista con Tom Hardy di «Mad Max: Fury Road» di George Miller, film fuori concorso in cui interpreta l’imperatrice Furiosa, guerriera con tanto di braccio sinistro bionico.
Un blockbuster a firma del regista australiano che alla prima stampa ha ricevuto applausi, a fine film, e ovazioni durante la proiezione. Popcorn movie per eccellenza, "Mad Max" ha il ritmo frenetico del videogioco ed è praticamente senza dialoghi. Solo inseguimenti in una terra post-atomica dove primeggia una banda di neonazisti ansiosa di approdare al Wahalla.
Dopo trent’anni è il ritorno dell’eroe della mitica saga incarnata questa volta da Tom Hardy dopo essere stata leggenda con Mel Gibson. "Mad Max: Fury Road", costato 100 milioni di dollari, ci riporta insomma nell’universo post-apocalittico dove le gang si sfidano per benzina e acqua. Max Rockatansky (Hardy) incontra l’imperatrice Furiosa (Charlize Theron) e si allea con lei dopo un’iniziale inimicizia.
Il film vede il ritorno di George Miller alla science-fiction: il creatore australiano infatti aveva iniziato la serie nel 1979, per poi girare Mad Max 2, il guerriero della strada (1981) e Mad Max: Oltre la sfera del tuono (1985). Da lui oggi in conferenza stampa un omaggio a Gibson che ha visto, seduto accanto a lui, il film alla premiere americana e «si è emozionato. Mi dispiace - dice Miller - per tutto quello che gli è successo in questi anni. Io lo trovo una brava persona ed è anche un bravo regista».
E ancora Miller a Cannes: «In realtà non volevo fare altri "Mad Max", ma poi mi sono lanciato in questa impresa. Comunque - dice rispondendo a una domanda - non è un film femminista anche se ci sono tante donne. E poi c’è sempre Max, un animale folle in lotta per la sua libertà».
"Mad Max" è stato un film difficile per realizzazione e montaggio. «Ci sono pochi dialoghi - spiega Miller - ed è del tutto frammentato anche perchè girato non in sequenza. Poi c’era il deserto (il film è stato girato in Namibia) e poteva capitare, per le molte scene d’azione, un incidente da un momento all’altro». Per quanto riguarda il montaggio realizzato dalla moglie, Margaret Sixel, dice: «Era come un cubo di Kubrick. Difficile da mettere a posto».
Spiega la Theron, raggiunta ieri a Cannes dal compagno Sean Penn: «Per un’attrice è una grande cosa interpretare un ruolo così. Miller mi aveva promesso che avrei avuto un personaggio che celebrava la femminilità e metteva le donne su un piedistallo» . Riferimenti al presente per l’attrice ci sono: «C’è il problema dell’acqua e quello della desertificazione, insomma della sopravvivenza. E se non facciamo nulla, quello che si vede nel film può accadere e anche in breve tempo».
Da parte di Tom Hardy, invece, tanta modestia: «Mi sono reso conto che il simbolo era sempre Gibson, una cosa stressante da accettare e ho capito così che avrei dovuto cambiare stile».
La saga potrebbe non finire qui: «Per ora mi sento come una donna che ha appena partorito - dice Miller -. Ma ho tanto materiale. Chissà».
Il film di Miller approda nelle sale italiane nel weekend, insieme a un altro titolo molto atteso a Cannes: «Il racconto dei racconti» di Matteo Garrone.
Al Festival, in concorso, ha impressionato positivamente «Il figlio di Saul», film ungherese di Laszlo Nemes, molto applaudito alla prima stampa. Può un uomo che ha fatto una scelta orribile, quella di diventare il membro di un Sonderkommando, trovare nell’inferno di un campo di concentramento, dove collabora con i nazisti contro gli appartenenti al suo stesso popolo, un briciolo di inaspettata umanità?
È la domanda che si fa la pellicola, girata ossessivamente con quasi sempre al centro il viso e la nuca del protagonista Saul (Geza Rohrig), mentre sullo sfondo si intravedono le immagini sfumate degli orrori.
Uomini e donne accompagnati nelle docce della morte, i cadaveri da trasportare e poi ancora lavare i pavimenti pieni della paura dei condannati. Ma Saul ha una faccia di pietra su cui non traspare nulla, nessun sentimento. Fino a quando tra i corpi che sta raccogliendo vede quello morto del figlio adolescente.
Da qui per lui una sola ossessione: quella di seppellire quel corpo secondo la cultura ebraica, ovvero con l’ausilio di un rabbino. Un’impresa quasi impossibile che vive nella testa di Saul come una malattia cronica.
Tra i suoi mille compiti e tra le urla ossessive delle vittime e dei carnefici, Saul riuscirà a compiere molti passi verso il suo progetto. E questo mettendo a rischio anche la voglia di fuga dei suoi stessi compagni.
Il libro è tratto dal romanzo «Des voix sous la cendre», anche conosciuto come «Roelaux d’Auschwitz», in cui appunto c’è ben descritta tutta l’organizzazione del lavoro dei Sonderkommando e la loro ribellione avvenuta nel 1944 quando ormai i russi erano alle porte.
I Sonderkommando erano deportati scelti dalle Ss per accompagnare gli ebrei fino alle camere a gas e poi estrarre i cadaveri, bruciarli e pulire il tutto. Durante la loro missione beneficiavano di un trattamento di favore, come una relativa libertà di movimento nei campi e miglior trattamento in quanto a cibo. Ma dopo quattro mesi in genere erano eliminati proprio come le vittime che erano abituati ad accompagnare alla morte.
Laszlo Nemes, già conosciuto nel circuito dei festival per una serie di cortometraggi premiati in tutto il mondo (With a Little Patience, The Counterpart, The Gentleman Takes His Leave) ha scritto la sceneggiatura insieme a Clara Royer ed e ha avuto una parte della famiglia assassinata ad Auschwitz.
Ecco infine una panoramica dei film in arrivo oggi nelle sale italiane.
IL RACCONTO DEI RACCONTI di Matteo Garrone con Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini, Shirley Henderson, Stacy Martin, Hayley Carmichael, Bebe Cave, Guillaume Delaunay, Christian Lees, Jonah Lees, Laura Pizzirani, Renato Scarpa, Kathryn Hunter, Franco Pistoni.
Della traduzione fiabesca (e per certi versi contemporanea) del capolavoro di Gianbattista Basile si è già molto detto. I tre regni di Garrone ricordano anche «Il trono di spade», ma chi è avvezzo al suo cinema vi riconoscerà un marchio personale del tutto significativo. Bene segnalare comunque al pubblico che il film di italiano ha davvero poco, sul piano produttivo e perfino del cast, dove Alba Rohrwacher gioca da comprimaria.
MAD MAX: FURY ROAD di George Miller con Tom Hardy, Charlize Theron, Zoe Kravitz, Nicholas Hoult, Danielle Riley Keough, Rosie Huntington-Whiteley, Nathan Jones, Megan Gale, Hugh Keays-Byrne.
La saga apocalittica di Max torna a casa, nel deserto australiano, ed è qui che combatte per la sua quiete, nel desiderio di pace dopo una guerra devastante che gli ha portato via moglie e figli. Sulla sua strada si pone Furiosa, una donna dura e passionale che cerca le sue radici in un passato ormai cancellato.
CALVARIO di John Michael McDonald con Brendan Gleeson, Kelly Reilly, Chris ÒDowd, Isaach De Bankolè, David Wilmot, Elaine Cassidy, Domhnall Gleeson, Marie-Josèe Croze, Fiona ÒShaughnessy, Pat Shortt, Dylan Moran.
Presentato in anteprima al Noirfest, è la telecronaca dei sette giorni di passione di un bravo prete irlandese minacciato di morte. Nel segreto del confessionale un uomo, in passato vittima di abusi pedofili, gli rivela la sua sete di vendetta che sarà placata solo con una sorta di omicidio rituale: e il prete è la vittima designata.
Comincia così una salita al Calvario in cui il prete è solo e non può confidarsi con nessuno anche se fa del suo meglio per scoprire il misterioso boia. Memorabile l’interpretazione di Gleeson.
ONE MORE DAY di e con Andrea Preti e con Stefania Rocca, Andrea Renzi, Andrea Preti, Maurizio Donadoni, Mariella Valentini, Vincenzo Zampa, Tatiana Luter, Gerardo Amato.
Melodramma naturalistico su ragazzo difficile che trova conforto nell’attenzione di un’assistente sociale affetta però da una dolorosa malattia. Esordio in regia da tenere d’occhio.
Escono anche il bel documentario di Antonietta De Lillo LET’S GO sulla vita e i viaggi di un fotografo che ha perso il lavoro ma non il senso della felicità, il docu-fiction GIANINISTAN di Pierluigi De Donno e Claudio Giagnotti sulla doppia anima dei rom del Salento, la produzione indipendente di Sebastiano Rizzo
NOMI E COGNOMI con Enrico Lo Verso e Maria Grazia Cucinotta impegnati a combattere l’omertà mafiosa. E infine una segnalazione per l’inatteso documentario del veterano Folco Quilici ANIMALI NELLA GRANDE GUERRA realizzato in occasione dell’anniversario del 1915.