La resurrezione della carne di Frank Bianconi
Con i Baustelle Francesco Bianconi ha scritto alcune delle canzoni più belle degli ultimi vent’anni, illuminando la scena musicale tricolore. Ora in un momento di pausa dalla sue faccende sonore il musicista toscano ha pubblicato per Mondadori «La resurrezione della carne», secondo libro dopo «Il regno animale» uscito tre anni fa. Una vicenda ambientata in una Milano post Expo, un futuro vicinissimo, in cui si muovono zombie e uomini che potrebbero diventarlo molto presto. Bianconi presenterà «La resurrezione della carne» sabato sera, ore 21, al Teatro Valle dei Laghi di Vezzano, accompagnato dal fratello Ettore e da Sebastiano De Gennaro.
Francesco, da quali esigenze narrative è nato questo romanzo?
«Mi era balenata in testa l’idea di raccontare la storia della trasformazione di un uomo da uno stato di congelamento dei sentimenti ad uno stadio di sblocco e di mutamento profondo».
Puntando sugli zombie e sull’horror?
«Ci ho pensato in corso d’opera mentre scrivevo queste pagine. La trama iniziale era quella di un poeta che scriveva una serie tv di grande successo e quando ho dovuto pensare a quale serie fosse, ho trovato che quella giusta fosse horror. In particolare una serie dedicata agli zombie perché era credibile, perché gli zombie sono tornati di moda, e questi morti viventi mi facevano simbolicamente comodo perché il libro è ambientato nel futuro assai prossimo di una città come Milano ossessionata dell’idea del mangiare».
Un titolo in cui si parla di resurrezione.
«Mi è sempre piaciuta la parola “resurrezione” e io volevo che nel titolo di questo romanzo ci fosse una parola positiva, indipendentemente dal suo significato religioso. Mi interessava la potenza positiva di questo termine e in questo caso gli zombie “morti viventi” sono simbolo della resurrezione della carne. Anche il protagonista vive una sorta di resurrezione partendo da una stasi emotiva superando una serie di metamorfosi che lo portano a risorgere».
Che tipo è Ivan Sacchi, il personaggio principale del racconto?
«Credo sia una persona piuttosto antipatica. Un piccolo radical chic, snob, un intellettuale acido. La vita lo ha, come dice lei, incattivito ed annoiato, Ivan è uno che si lamenta di continuo pur senza averne i motivi almeno all’inizio della storia».
Come mai ha scelto Milano, quella post Expo, «Una Milano da mangiare» e non da bere (come si sarebbe detto negli anni ‘80) come teatro in cui si muovono zombie e tutti coloro che sono in attesa di diventarlo?
«In primis per pigrizia perché è la città in cui vivo e che ho sotto gli occhi ogni giorno, ma soprattutto perché Milano è una città sempre legata al concetto di futuro che volevo far emergere in questo romanzo calato nel 2020. Milano, ed è uno dei suoi pregi, nel corso della sua storia ha sempre saputo inventarsi dei modelli di futuro possibile ed è brava a metterli in scena. Lo fa adesso con l’Expo, lo faceva appunto ai tempi della “Milano da bere”».
C’è chi ha detto che il libro è una sorta di favola ma io userei però anche il termine grottesco in certi momenti: è d’accordo?
«Non mi dispiace il termine grottesco. In questo libro la realtà viene guardata con una lente d’ingrandimento che la deforma in molti suoi particolari. Direi che si possono usare anche i termini di iper-realismo e, perché no, di racconto fantastico».
Quanta musica c’è dentro in queste pagine?
«Spero tanta perché nei romanzi e nella letteratura che amo trovo sempre tanta musica. E non intendo che si parli di musica ma che le parole, la narrazione, la prosa abbiano un ritmo dentro, una musicalità. Io faccio sempre molta attenzione a questo aspetto e spero di esserci riuscito a trasmettere questa musicalità anche nel mio romanzo».
Che forme avrà il reading che porterà sabato prossimo in Trentino?
«Nel corso dello spettacolo daremo dei piccoli assaggi che non svelano troppo del romanzo, musicati da mio fratello, Ettore Bianconi, nella parte elettronica e percussiva, insieme al vibrafonista Sebastiano De Gennaro. Ci siamo divertiti a recuperare vecchi temi di colonne sonore di film horror, che sono una mia grande passione, con particolare attenzione agli zombie movie italiani, davvero di culto».